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“Mio marito Pippi è morto con me, a casa, io e lui da soli. Indosso il suo orologio giorno e notte”: il racconto commovente di Iva Zanicchi

“Gli ultimi momento di Pippi? Era lucido quando mi ha chiesto di nuovo: ‘Mi ami ancora?’. ‘Anche di più, sennò mica starei qui, no? Ti voglio tanto bene, Pippi’”. È un racconto intimo e a tratti straziante quello che Iva Zanicchi ha concesso al Corriere della Sera, la prima intervista dopo la morte del discografico Fausto Pinna, suo compagno per quasi quarant’anni, scomparso l’8 agosto scorso dopo una lunga malattia.

Tre settimane dopo, l’iconica “aquila di Ligonchio” ha aperto il cassetto dei ricordi e ha svelato per la prima volta anche come e quando il cancro è entrato nelle loro vite. La colpa è delle sigarette, ammette la Zanicchi: “Ne fumava 90 al giorno, a volte ne accendeva tre insieme”. E ricorda di quella volta che un medico la rimproverò dopo averle curato una brutta tosse: “Il dottore mi rimproverò: ‘Signora, ma con il suo lavoro lei fuma?’. ‘Non sono io’. ‘Così si rovina’. Da allora lo faceva soltanto fuori casa. Ha smesso 12 anni fa, ma era tardi, il tumore è partito da lì, aveva i polmoni pieni di catrame”. Da quel momento per Pinna sono cominciati i problemi di salute, con picchi di normalità e peggioramenti improvvisi. Come quando, la scorsa estate, tirando su una valigia molto pesante si è bloccato: “Dopo quattro anni di chemio gli è collassata una vertebra, non ha più camminato. Era un omone di 105 chili, si è ridotto a meno di cinquanta”, confessa la Zanicchi.

Da quel momento sono diventati inseparabili e non si sono lasciati neppure un giorno: “Veniva con me ovunque, lo volevo sempre accanto. Da quando si era aggravato ho cancellato ogni impegno per stargli vicino. Aveva un’infermiera bravissima che lo accudiva, però la notte voleva soltanto me e nemmeno io del resto me la sentivo di staccarmi da lui”. Negli ultimi mesi la situazione è però precipitata: “Passava le giornate a letto, però si alzava per fare colazione con me, anche se gli costava uno sforzo tremendo, ci teneva. Poi tornava a sdraiarsi. Non voleva più ascoltare le cattive notizie, così abbiamo scoperto un canale che trasmetteva La casa nella prateria e guardavamo solo quello. Fausto si rasserenava perché lì, anche se succedono cose brutte, il bene alla fine vince”.

Pinna andava avanti a morfina a causa dei dolori e spesso lo sconforto prendeva il sopravvento: “Ogni tanto cedeva: ‘Prega che io me ne vada’. ‘No, tu non vai da nessuna parte, resti con me’, ripetevo e gli prendevo le mani. Non voleva andare, ma alla fine mi ha sussurrato: ‘Sono stanco’. E poi era curioso di vedere cosa c’è di là. Io no”.

L’8 agosto scorso, la crisi definitiva: “È morto con me, a casa, io e lui da soli”, rivela la Zanicchi. La cantante ha da poco ripreso a lavorare, ma ammette che è stata molto dura salire sul palco e non vedere il suo Fausto seduto in prima fila, tanto da definire il concerto tenuto vicino a Pescara, pochi giorni fa, “lo spettacolo più orribile della mia vita”. È stata durissima, ma il concerto lo aveva organizzato un caro amico, non volevo deluderlo. Non ho mica cantato tanto bene, però la gente ha capito, le persone mi hanno dimostrato un affetto commovente”. In autunno, però, tornerà in scena perché “così avrebbe voluto Fausto, era orgoglioso di me. Finché c’è la voce, canto. Ho ancora qui i suoi vestiti, le cravatte, le ciabatte, il pigiama. E il Rolex che gli avevo regalato, lo porto giorno e notte”.

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