World News in Italian

Il Qatargate americano

Lingotti, orologi e favori... Dopo il caso dell’Unione europea, spuntano evidenze di corruzione da parte del ricco regno del Golfo verso politici statunitensi.

Lingotti d’oro, orologi di lusso, voli in prima classe, hotel a 5 stelle, macchine sportive e biglietti per grandi manifestazioni sportive. E ancora, una cantina che trabocca di denaro, mezzo milione di euro in contanti per spese personali e lo shopping dei familiari. No, non si tratta di un emiro del Qatar (il regno del Golfo, tuttavia, come scopriremo c’entra eccome in questa storia).

Il parlamentare democratico era finito al centro di accuse federali di corruzione già nel 2017, quando il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti lo aveva accusato di aver beneficiato di vacanze di lusso e altri costosi doni da un facoltoso oculista della Florida, Salomon Melgen, in cambio di una sorta di condono per la controversia che l’oculista aveva in sospeso con funzionari governativi, avendo fatturato a Medicare (il sistema sanitario nazionale) 8,9 milioni di dollari in eccesso per un farmaco. Se quel primo caso non è poi proseguito per l’impossibilità di ottenere una condanna su tutti i capi d’accusa, ciò non ha cambiato la sostanza. L’Fbi lo aveva ormai messo nel mirino, intuendo una rete affaristica illegale ben più grande di quella emersa inizialmente.

Difatti, l’inclinazione a delinquere di Menendez ha portato gli investigatori a svelare un quadro di relazioni pericoloso e di caratura internazionale: è accaduto quando due uomini d’ affari - Wael Han, imprenditore con importati contatti in Egitto, e José Uribe, ex agente assicurativo e oggi broker finanziario - hanno contattato il senatore per aiutare illegalmente il governo egiziano a ottenere milioni di dollari da un fondo di investimento del Qatar, da cui poi i protagonisti avrebbero stornato una lauta percentuale. Ma le cose sono andate diversamente. Il faccendiere Uribe, scoperto, si è dichiarato colpevole e ha testimoniato contro Menendez raccontando di aver corrotto il senatore regalando alla signora Nadine un’auto Mercedes-Benz C-300 decappottabile del valore di oltre 90 mila euro, e vari orologi preziosi. In attesa del processo, Robert ha rassegnato le dimissioni dal suo prestigioso incarico lo scorso 23 luglio, pochi giorni dopo che una giuria federale lo ha rinviato a giudizio per tangenti e per traffico di influenze atte a garantire accordi di investimento multimilionari con il Qatar (se il prossimo 28 ottobre queste accuse troveranno conferma in tribunale, il politico dem rischia una condanna a 222 anni di carcere).

La vicenda dei Menendez ha quantomeno il merito di aver illuminato nella sua ampiezza un quadro da cui emergono numerosi rapporti indebiti tra singoli politici americani con il governo del Qatar, da parte di politici Usa sia democratici che repubblicani. Doha, insomma, applica questo sistema corruttivo in maniera metodica e senza distinzioni di appartenenza politica. L’importante, come sempre, è il risultato. Irina Tsukerman, analista dell’Arabian Peninsula Institute di Washington DC, inquadra così la situazione: «La pressione del Qatar è pervasiva, efficace, pericolosa e in crescita. Almeno dal 2016 il Qatar ha iniziato a corteggiare i politici repubblicani (all’epoca al governo con Trump, ndr) pagando milioni alla Brookings Institution, centro di ricerca che ha un canale di accesso privilegiato col governo degli Stati Uniti, per esempio nella persona di Barbara Leaf», ovvero l’ex ambasciatrice per gli Usa negli Emirati e oggi assistente del Segretario di Stato per gli Affari del Vicino Oriente.

«Doha ha assunto ex servizi segreti statunitensi per reclutare agenti stranieri come Jamal Benomar, ex inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen. Quest’ultimo ha spinto lo stesso Donald Trump a cambiare idea: dopo che il Qatar era stato lungamente accusato per il suo sostegno al terrorismo islamico, a un certo punto la Casa Bianca ha preso invece a elogiare la sua “improvvisa” cooperazione nell’antiterrorismo in Medio Oriente». C’è di più: «Trump ha salvato suo genero Jared Kushner in un affare immobiliare e ha spinto gli Stati Uniti a fare maggiori affari a Doha, normalizzando i rapporti tra Qatar e altri Stati arabi, senza riformare le questioni alla base della spaccatura tra questi ultimi». Il riferimento è al question time della commissione finanze del Senato nei confronti di Jared Kushner per capire se il Qatar fosse stato segretamente coinvolto nel salvataggio da 1,2 miliardi di dollari di una proprietà sulla Fifth Avenue di proprietà della famiglia Kushner mentre quest’ultimo era in servizio alla Casa Bianca.

Durante la presidenza democratica, Joe Biden ha progressivamente abbandonato la versione della Brookings Institution che designava Doha come uno dei principali alleati statunitensi non appartenenti alla Nato, e fatto emergere nuove evidenze di ingerenze politiche, sostegno al terrorismo/estremismo islamico e una propaganda anti-Usa che era rimasta sotto traccia. Ma il Qatar, per nulla scoraggiato, continua a influenzare la politica occidentale in proprio favore e contro i suoi rivali mediorientali, facendo ciò che sembra funzionare meglio: corrompere singoli politici con lusso e denaro. Il caso di Menendez qui è ancora chiarificatore: il senatore avrebbe ricevuto tangenti anche da Fred Daibes, un promotore immobiliare del New Jersey. In cambio, l’ex senatore avrebbe dovuto indurre una società di investimento qatariota legata alla famiglia reale a collaborare con lui per penetrare il sistema mediatico americano e presentare il governo del Qatar come partner affidabile, per convincere poi politici americani ad adottare misure sempre più favorevoli all’Emirato. Una di queste azioni andata in porto è stata la diffusione di un comunicato stampa (redatto nel maggio 2022 direttamente dall’ufficio di Menendez) per lodare i qatarioti in quanto «esempi di moralità per aver ospitato i rifugiati afghani dopo il fallito ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan».

Il mese successivo all’uscita del comunicato, Menendez e Daibes hanno brindato al successo con una cena privata organizzata dal governo del Qatar. La mattina seguente, Menendez ha ricevuto un messaggio whatsapp da Daibes contenente immagini di orologi di lusso, accompagnato da queste parole: «Che ne dici di uno di questi?». Successivamente, una perquisizione nella casa di Menendez ha portato alla luce 11 lingotti d’oro con numeri di serie che indicavano una provenienza straniera, e buste piene di decine di migliaia di dollari su cui erano impresse le impronte digitali di Daibes. Secondo le accuse, il Senatore democratico «ha continuato a ricevere oggetti di valore dai qatarioti, tra cui i biglietti per il Gran Premio di Formula Uno del 2023 a Miami, anche dopo aver ottenuto l’accordo di investimento». Non contento, Bob Menendez si è anche recato personalmente in Qatar per assistere alla Coppa del Mondo del 2022 e, in un’intervista a dir poco surreale, ha dichiarato all’agenzia di stampa statale che «il Qatar ha unito la comunità globale come una sola; nel mio periodo qui ho visto grandi risultati in termini di giustizia e sicurezza», quando la realtà dei fatti ha reso noto come in Qatar siano morti almeno 6.500 operai per costruire gli stadi dei mondiali.

La strategia del Qatar per guadagnare influenza si fonda sulla sua posizione privilegiata di Stato al centro di tutti gli intrighi mediorientali: forte del fatto di ospitare la più grande base militare degli Stati Uniti in Medio Oriente che ne fa il più strategico alleato non Nato della regione, sede del «tavolo di trattative» dove convergono gli attori coinvolti nella guerra di Israele e Hamas, è convinto di poter conservare una sorta di impunità tanto a Washington quanto in Europa, come lo scandalo Qatargate del 2022 (riciclaggio e corruzione nel Parlamento europeo) insegna.

Читайте на 123ru.net