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Marte chiama Terra: così l’agricoltura spaziale potrà aiutare il nostro Pianeta a sopravvivere

Cereali, riso, frumento, mais, sorgo, legumi, tuberi. E poi lattuga, spinaci, carota, pomodoro, erba cipollina, radicchio, peperoncini dolci, fragole, cavoli ed erbe aromatiche. Sono alcuni degli alimenti freschi che, in un futuro relativamente vicino, si potranno produrre in piattaforme orbitanti come l’ISS o il futuro Lunar Gateway (stazione spaziale NASA in fase di sviluppo in orbita lunare), per integrare l’alimentazione degli astronauti e sostenere gli equipaggi durante i voli di transito verso il Pianeta Rosso o altre mete. Magari sempre più lontane e nelle future colonie planetarie.

A guidarci nella sfida dell’agricoltura spaziale, tra ostacoli di vario tipo e speranze crescenti, è l’esperta Stefania De Pascale, autrice del libro Piantare patate su Marte. Il lungo viaggio dell’agricoltura (Aboca). Un altro degli obiettivi che le ricerca sta inseguendo – spiega il libro – è lo sviluppo del Bioregenerative Life Support System (BLSS), ovvero la coltivazione di piante, con sistemi senza suolo o anche su suolo lunare o marziano e metodi irrigui simili a quelli utilizzati sulla Terra.

Cibo spaziale, variato e completo

Ma cosa mangiano, attualmente, gli astronauti nello spazio e come si riforniscono? All’interno della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), sono presenti sia sistemi di controllo ambientale fisico chimici per rigenerare parzialmente acqua e aria, sia il cibo necessario per l’equipaggio rifornito dalla Terra attraverso navi cargo che attraccano regolarmente all’ISS (si stimano consumi tra i 5 e i 15 kg di risorse per persona al giorno).

Il cibo spaziale attuale è notevolmente migliorato e progettato in ogni sua componente da un tema di esperti. “Si tratta di cibi precotti, disidratati, termostabilizzati o irraggiati, con una shelf life (vita da scaffale) di almeno 18-24 mesi”, spiega sempre l’agronoma spaziale. “Gli astronauti possono ora scegliere tra una gamma molto ampia di opzioni, comprese zuppe, stufati, piatti pronti a base di pasta, carne, pesce, uova liofilizzate, verdure e frutta disidratate, barrette energetiche e bevande in polvere. Ci sono poi anche biscotti e cioccolatini, thé, caffè, succhi di frutta”.

Coltivare lattuga romana sull’ISS

Rispetto alla possibilità di coltivare già adesso qualcosa durante le missioni di lunga durata la risposta dell’esperta è affermativa. “Oggi si possono coltivare, in appositi moduli di crescita, piccole quantità di verdure fresche, come lattuga e altre insalate. Ad esempio, grazie al modulo di coltivazione della Nasa Veggie in funzione sull’ISS dal 2014, nell’agosto del 2015 è stato possibile per la prima volta assaggiare ‘ufficialmente’ una lattuga romana prodotta sull’ISS”. Nelle stazioni orbitanti e nelle navicelle spaziali, la coltivazione di piante deve essere effettuata però necessariamente in “camere di crescita” che necessitano di risorse minime in termini di energia, volume e tempo/equipaggio (le cosiddette salad machines letteralmente “macchine per insalata“).

Anche se in piccole quantità e a scopo dimostrativo, inoltre sono stati coltivati nello spazio anche cereali, come il grano, pomodori (nani), barbabietola, ravanelli ma anche specie da fiore, come la zinnia.

Dalle schermature antiradiazioni all’idroponica, le soluzioni in campo

Gli ostacoli alla coltivazione di ortaggi nello spazio restano però molteplici e complessi. Una grande sfida è rappresentata dalla microgravità (sull’ISS o piattaforme simili o sulle navicelle spaziali) o dalla gravità ridotta (su Luna o Marte), che può causare una crescita alterata delle radici e una difficoltà nell’assorbimento di acqua e nutrienti, ma anche un’alterazione di fioritura e impollinazione. Un altro problema nello spazio è che le piante sono esposte a livelli elevati di radiazioni ionizzanti (tanto maggiori quanto più ci allontaniamo dalla Terra), “che possono danneggiare i tessuti vegetali e interferire con i processi fisiologici, causando mutazioni genetiche, ritardi nella crescita e una riduzione nella produzione di biomassa”.

Le soluzioni sono varie: camere sotterranee o protette da sistemi di schermatura antiradiazioni, illuminazione artificiale, l’idroponica e l’aeroponica (coltivazioni senza suolo), il ricircolo della soluzione nutritiva (sistemi a “ciclo chiuso”), il recupero dell’acqua di evapotraspirazione, il recupero dei nutrienti contenuti negli scarti organici.

Anche l’energia è una risorsa limitata nello spazio, ma essenziale. Fonti rinnovabili, come l’energia solare, possono essere sfruttate per minimizzare la dipendenza da forniture energetiche esterne. L’ISS, per esempio, utilizza pannelli fotovoltaici per generare energia elettrica dall’energia solare.

Ci sono poi altri due strumenti che potrebbero venire in aiuto all’agricoltura spaziale: lo sviluppo di nuove varietà attraverso programmi specifici di miglioramento genetico può accelerare il processo di selezione aumentando, per esempio, la resistenza delle piante agli stress imposti dallo spazio, come le risorse limitate e le radiazioni, rendendole più resilienti e produttive. E poi l’intelligenza artificiale, per monitorare e modulare in tempo reale le funzioni delle piante e dell’intero BLSS, adattandole alle esigenze degli astronauti.

Dallo spazio alla Terra: lezioni di sostenibilità

Ma l’agricoltura spaziale è fondamentale anche per un altro motivo: può infatti rappresentare un modello per un Pianeta dove le risorse sono sempre più scarse e i contesti ambientali sempre più estremi. “Se, fin dagli esordi, l’agricoltura spaziale ha tratto ispirazione dall’agricoltura terrestre, oggi l’agricoltura terrestre può apprendere molto dall’agricoltura spaziale”, afferma l’agronoma, in primo luogo la necessità di sfruttare al meglio le risorse naturali che la Terra può offrire. “Nello spazio non esistono taverne, per parafrasare un noto proverbio marinaresco”, dice Stefania De Pascale. “Il risparmio delle risorse, che è un obiettivo nell’agricoltura terrestre, diventa un requisito imprescindibile nello spazio, dove si opera all’interno di sistemi circolari che consentono il recupero dell’acqua, il riciclo dei nutrienti e un utilizzo estremamente efficiente di volume, energia e tempo degli astronauti (manodopera)”.

Le conoscenze acquisite e le tecnologie sviluppate per coltivare piante nello spazio consentiranno di coltivare in aree terrestri estreme, dai poli ai deserti, fino al cuore delle moderne megalopoli, guadagnando più spazio per le piante sulla Terra e contribuendo a rendere l’agricoltura un settore più sostenibile e resiliente. L’agricoltura spaziale, insomma, dovendo affrontare sfide uniche, “può diventare un laboratorio di innovazione per sviluppare pratiche agricole più sostenibili, circolari ed efficienti, che potranno essere adottate anche sulla Terra”, conclude l’esperta.

L'articolo Marte chiama Terra: così l’agricoltura spaziale potrà aiutare il nostro Pianeta a sopravvivere proviene da Il Fatto Quotidiano.

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