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Odiano gli Usa e strizzano l’occhio a Mosca in nome dell’Islam: 15 arresti tra i nazionalisti dell’Unione giovanile della Turchia

“I soldati americani che portano sulle loro mani il sangue dei nostri soldati e di migliaia di palestinesi non possono sporcare il nostro paese. Ogni volta che metterete piede in queste terre, vi incontreremo nel modo che meritate”. L’ennesimo corto circuito di un Paese aderente alla Nato, che nelle strade vede cortei in cui si grida “Yankee go home”, viene proposto dall’azione dimostrativa di due giorni fa, firmata dall’Unione giovanile della Turchia (Tgs). Una organizzazione che fa riferimento al partito Vatan Partisi e le sue posizioni ultra nazionaliste, e strizza più l’occhio a Mosca che a Washington.

Il fatto di cronaca: alcuni marinai americani erano sbarcati a Smirne dopo aver effettuato nei giorni precedenti una esercitazione congiunta con la Marina Militare di Ankara. Uno di loro è stato isolato e strattonato da un gruppo di giovani turchi che al culmine di questa aggressione gli hanno infilato un cappuccio in testa. “Abbiamo messo un sacco in testa a un soldato americano che lavora sulla più grande nave d’assalto americana, la Uss Wasp. Vi accoglieremo come meritate ogni volta che poggerete piedi in queste terre” hanno scritto gli attivisti su X. Il marinaio ha poi ottenuto l’aiuto dei suoi commilitoni, ed è stato portato in ospedale per un controllo; non avendo ferite o contusioni importanti, è rientrato sulla Wasp.

La polizia turca ha arrestato quindici persone legate al movimento giovanile. Non è la prima volta che accade un episodio del genere: dal 2011, altri sette militari americani hanno subito la stessa “punizione”, che per i turchi ha un alto valore simbolico, e risale ad uno scontro tra l’esercito con la mezza luna sulla divisa e i soldati Usa. Il 4 luglio 2003, poco dopo l’invasione dell’Iraq, unità americane sorpresero pattuglie turche che operavano nel Kurdistan in missione contro i curdi. Gli americani misero i cappucci in testa ai prigionieri e li portarono via per interrogarli. Secondo una versione dell’intelligence curdo-irachena, quel commando aveva l’obiettivo di eliminare il governatore di Kirkuk appena eletto. Così facendo si sarebbe ottenuto un caos nelle istituzioni e tra la popolazione, per giustificare l’intervento militare di Ankara.

In ogni caso, i soldati turchi furono liberati dopo uno scambio epistolare tra l’allora segretario americano alla Difesa, Rumsfeld, e il presidente Erdogan. Se negli Stati Uniti l’episodio resta quasi sconosciuto, in Turchia, per coloro che nutrono sentimenti antiamericani, è ricordato come un’onta da vendicare ad ogni occasione. L’ispirazione nazionalista di cui il partito Vatan Partisi (e l’organizzazione giovanile Tgs) si fa promotore, trova facile alimento anche sul tema dell’alleanza musulmana, in seguito al conflitto a Gaza tra Israele e Hamas, scaturito dal massacro del 7 ottobre firmato dai fondamentalisti. Il 31 agosto si è tenuta una conferenza sul web dal titolo “Solidarietà islamica nel cambiamento dell’ordine mondiale moderno da Gaza al Sahel” alla quale hanno preso parte i vertici della formazione politica turca, assieme a rappresentanti di Russia, Cina, Burkina Fasu, Mali, Niger. Durante il confronto, come riporta il sito Aydinlink.com, si è discusso del “crollo dell’egemonia occidentale degli Stati Uniti” e come i Paesi musulmani abbiano “l’opportunità di rafforzare la propria indipendenza sviluppando nuove alleanze con attori globali e regionali come Russia, Cina e paesi dell’Asia centrale”.

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