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Concessioni balneari, “anno zero”

In attesa della normativa definitiva, alcuni comuni italiani, giocando d’anticipo e in ordine sparso, hanno adottato, con vari e diversificati strumenti giuridici, le proprie “linee guida”. Per Massimo Fragola, già docente di Diritto dell’Unione europea nell’Università della Calabria e nell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, si tratta di «attendere la “legge che verrà” che dovrà contenere atti di indirizzo e coordinamento per le procedure di evidenza pubblica in ordine alle concessioni balneari del 2025».

La “direttiva Bolkestein” sulla libera circolazione dei servizi in seno all’Unione europea, dal nome dell’economista e politico olandese Frits Bolkestein, Commissario europeo dal 1999 al 2004 al mercato interno, è una norma europea che stabilisce le regole per la concorrenza nel settore dei servizi. Nel nostro paese venne recepita tramite il decreto legislativo n. 59 del 2010, ed è passata alla storia soprattutto per l’annosa vicenda delle concessioni balneari. E’ capitato, però, che nonostante il recepimento, quasi tutti i governi abbiano cercato di aggirarla attraverso lo strumento della proroga della scadenza delle concessioni: questo perché gli operatori del settore, ne hanno contestato, sin da subito, la sua nota portante, ovvero l’obbligo di messa al bando delle concessioni stesse, al fine di tutelare la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi all’interno del mercato europeo. La vicenda si è così dilatata nel tempo che tale atteggiamento del nostro Paese ha portato addirittura all’apertura di una procedura d'infrazione da parte dell'Unione europea. Ora, dopo che anche l'Antitrust si è espressa contro i rinnovi automatici delle concessioni balneari, il tema è diventato di stringente attualità e il governo Meloni è impegnato nell’elaborazione di un provvedimento che possa definire le modalità di assegnazione e prorogare soltanto le attuali autorizzazioni.

Professore Fragola, vista la complessità della vicenda, alcune amministrazioni locali stanno giocando in anticipo…

«Considerata la quasi univoca interpretazione della direttiva c.d. “Bolkestein” (applicabile alla materia “de qua”) da parte delle Corti in Italia (Tribunali amministrativi, Consiglio di Stato, Cassazione, Corte costituzionale) e dell’Unione europea (Corte di giustizia), non pochi Enti locali hanno fatto tesoro di siffatto indirizzo e, sulla base della giurisprudenza rilevante, hanno precorso i tempi stabilendo i principi e le regole per le selezioni pubbliche per l’assegnazione delle concessioni balneari con finalità turistico-ricreativa».

Totalmente positivo quest’attivismo localistico?

«A fronte di tale necessitato attivismo dei Comuni, che sicuramente va visto con favore, occorre rilevare tuttavia, a tutt’oggi, la mancanza di una “legge-cornice” nazionale come perimetro entro il quale muoversi con più certezze. Così, come pure si sottolineano le differenze di atteggiamento (e di approccio) tra le amministrazioni del nord, centro e sud d’Italia. Per riassumere le varie interpretazioni rilevabili nelle variegate disposizioni di alcuni comuni, va evidenziato che in molti casi non si fa menzione esplicita, chiara e inequivocabile, dei costi sostenuti dal concessionario “uscente” (cc.dd. “bonus”) lasciando applicabile il solo Codice della navigazione».

Ma almeno si è fatto riferimento alla recente giurisprudenza comunitaria?

«Per la verità non si sta tenendo in debito conto della recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea dello scorso 11 luglio (su rinvio del Consiglio di Stato) in materia di (ri)acquisizione da parte del demanio delle fabbriche e dei manufatti edificati dal concessionario uscente alla scadenza di una concessione per l'occupazione del demanio pubblico (salva una diversa pattuizione nell'atto di concessione). In talune condizioni il concessionario è tenuto a cedere al proprietario (demanio), “immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo”, le opere non amovibili da esso realizzate nell'area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione».

E allora cosa ha spinto i questi comuni “virtuosi”…

«Nelle proprie “linee guida”, ogni Comune ha tenuto in conto i propri interessi locali, e quest’atteggiamento era prevedibile in mancanza di una legge nazionale! Occorre, così, analizzare a grandi linee gli elementi più interessanti, ricordando, tuttavia, che dopo la “legge che verrà” (chiamiamola così) una volta adottata ed entrata in vigore, potrebbero esserci delle novità di rilievo».

L’ascoltiamo…

«Per ciò che si ricava da una prima analisi di alcune di queste linee-guida, la materia attualmente è così sintetizzabile: il primo requisito, ovviamente, è l’istanza di partecipazione del soggetto – persona fisica (imprenditore, operatore economico), raggruppamento temporaneo di imprese, consorzio ordinario – alla selezione pubblica, unitamente alla dichiarazione sostitutiva/atto di notorietà (previo pagamento di marca da bollo) che deve contenere alcune dichiarazioni sostanziali tipiche del rapporto privato-pubblica amministrazione. Il secondo requisito è il non trovarsi nelle condizioni di incapacità ex art. 32 quater del codice penale: cioè non aver subito sanzioni interdittive ex art. 9, c. 2, lett. c D. Lgs. N. 231/2001 o altra sanzione che comporti il divieto di contrarre con la PA, né essere stati destinatari di una sentenza penale di condanna passata in giudicato, o di decreti penali per reati contro il patrimonio e contro la Pubblica amministrazione. Insomma, non si devono aver svolto attività criminose in genere».

Immaginiamo che sia richiesto anche il possesso dell’idoneità tecnico- professionale.

«E’ il terzo criterio, quello delle competenze per l’espletamento delle attività svolte con continuità “per almeno cinque anni”. In alcuni bandi si richiede al soggetto richiedente l’iscrizione alla Camera di Commercio, Industria e Artigianato competente per territorio ovvero, in alcuni casi, si richiede l’iscrizione nel Registro delle Imprese coerenti (o affini) con quelle oggetto della concessione».

Emergono altri requisiti “tecnici”

«Esattamente, quelli della congruità dell’organico presentato nel “progetto” nonché dell’adeguatezza delle attrezzature tecniche, materiali e strumentali, quelli dell’idoneità economico-finanziaria, assolta da dichiarazioni bancarie, da bilanci o estratti di bilanci, da fatturato globale o fatturato relativo alle attività similari a quelle della concessione. C’è anche un criterio cronologico: taluni enti, ad esempio, ritengono proporzionato che la concessione abbia “durata massima di quindici anni”, altri, “ad adiuvandum”, che la durata sia estensibile in determinate situazioni “a venti anni”».

Insomma, criteri complessi…

«Non abbiamo terminato! Talune pubbliche amministrazioni hanno sottolineato il criterio sostanziale “nell’offerta economicamente più vantaggiosa” secondo i criteri indicati nell’avviso di selezione. Infine c’è il termine per la presentazione delle domande che dovranno pervenire con le modalità indicate dall’avviso di selezione, in ogni caso, “esclusivamente tramite piattaforma telematica”, escludendo ogni altra forma di invio della documentazione, nemmeno di persona!».

Insomma, requisiti assolutamente stringenti…

«Quelli individuati finora sono criteri ovviamente incompleti e non definitivi, e fanno riferimento alle certificazioni tecniche (competenze varie) e sulle pari opportunità, all’accesso disabili e alla rilevanza sociale, culturale, sportiva del progetto, all’esperienza certificata nelle attività suddette attività turistico-balneari, agli investimenti previsti negli anni successivi senza occupare/consumare ulteriore suolo demaniale (minimo impatto ambientale), alla preferenza alle strutture amovibili ove possibile, alla durata della concessione che non potrà superare 20 anni (secondo le linee guida analizzate), ad una sola concessione per richiedente (sarà carattere preferenziale la prevalente fonte di reddito), al riconoscimento e ammortamento del valore degli investimenti ed, infine, alla realizzazione di investimenti di pubblico interesse».

Che ne pensa, professore?

«E’ ovvio che non è possibile dibattere tanti aspetti che non convincono, anche perché mi attendo che qualche altro indicatore potrà essere aggiunto. Certo è che il tempo è scaduto e, pur trovandoci ancora nella stagione balneare 2024, occorre già prepararsi a quella del prossimo anno. La “legge che verrà” dovrebbe ormai arrivare, anche perché il tempo è scaduto…».

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