La storia del naufragio nell’Atlantico dello skipper Rizzi e quella maglietta indossata nella tempesta
TRIESTE «Sarei potuto finire in fondo all’oceano, con questa maglietta addosso». Lo skipper Paolo Rizzi racconta i giorni del suo naufragio nell’Oceano Atlantico, avvenuto nella primavera del 1993. Uno degli episodi più avventurosi nella storia della vela italiana, ma anche un esempio di determinazione, coraggio e resilienza. Per questo, l’indumento che lo sportivo triestino indossava mentre lottava per salvarsi la vita, da giovedì 5 settembre viene esposto nel Museo della Moda ITS Arcademy, in via Cassa di Risparmio 10.
«All’epoca – racconta – avevo 33 anni, e 13 traversate atlantiche alle spalle. Ma anche se si ha molta esperienza, non si può dominare la natura… solo pensarlo sarebbe una sfida persa in partenza. Ho indossato questa maglietta lunedì 10 maggio: quel giorno c’era già un tempo abbastanza inclemente. E poi non c’è più stato tempo per cambiarsi». La barca “Vento Fresco II”, già vincitrice della Barcolana, venne capovolta da onde di 20 metri, sbalzando Rizzi e il suo compagno di traversata Andrea Pribaz a una sessantina di metri dall’imbarcazione. «Nuotando come un pazzo raggiunsi una cima, riuscendo a risalire sulla barca. Che era però ingovernabile. L’unica decisione possibile fu quella di rifugiarci sull’autogonfiabile di salvataggio, non prima di aver recuperato alcune provviste, acqua, la radio e strumenti per calcolare il punto».
Circondati dal mare in burrasca e dagli squali, Rizzi e Pribaz vi rimasero per una settimana, e nonostante le condizioni meteorologiche estreme, riuscirono a inviare un segnale di emergenza che fu captato da un aereo di linea francese, dando il via a una complessa operazione di soccorso. «Durante i lunghissimi giorni del naufragio – aggiunge – siamo stati più vicini alla morte che alla vita. Abbiamo pensato che non ce l’avremmo fatta a tornare a casa. Questo indumento era attaccato alla mia pelle, per tutti quei giorni, quindi è diventato una parte di me».
C’è un altro particolare che Rizzi fa notare, e cioè che la maglietta indossata durante quell’incredibile avventura sembrava preannunciare quanto sarebbe accaduto. «Sul retro, riporta il titolo di una canzone degli Allman Brothers, “Stormy Monday”.
Ed è proprio durante un tempestoso lunedì che l’ho indossata! Martedì, con il mare già in tempesta e presagendo cosa stava per accadere, comunicai la mia posizione ad un radioamatore, mentre l’onda che rovesciò la barca squarciando la tuga arrivò mercoledì. E la canzone fa così: “They call it Stormy Monday / But Tuesday’s just as bad / Lord, and Wednesday’s worse”. Una vera profezia!» La maglietta, che testimonia l’amore di Paolo per il mare e per la vita, ora è entrata a far parte della mostra “The Many Lives of a Garment” nella sezione “L’abito amato”.
Secondo i curatori Olivier Saillard ed Emanuele Coccia, ogni indumento racconta la storia del corpo che lo indossa: un abito amato non bada a loghi o a etichette, non è il più bello o il più raffinato e la sua natura si contrappone all’abito alla moda, spesso troppo arrogante. La maglietta di Rizzi resterà esposta per un mese, per poi lasciare il posto agli abiti amati di altre due celebri triestine: Ariella Reggio e Susanna Tamaro. —