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Ultraleggero precipitato, il dolore senza fine dei nonni di Simone Fant: «Per noi era come un figlio»

REANA DEL ROJALE. La chiesa di Santa Maria Assunta, a Qualso, era piena di gente, riunita, composta, per il rosario in memoria di Simone Fant.

Non è riuscita a contenere tutte le persone che hanno voluto testimoniare la propria vicinanza ai genitori, ai fratello e agli altri parenti dell’istruttore di volo morto lunedì 2 settembre a 31 anni. In tanti sono rimasti a pregare sul sagrato.

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Dall’abitazione, confinante proprio con l’edificio religioso, sono arrivati anche i nonni di Simone, Irma ed Ermenegildo Fant, che non si danno pace.

Per loro quel nipote era come un figlio, che hanno accompagnato all’asilo, a scuola, agli allenamenti di calcio quando i genitori erano impegnati al lavoro. Passaggi e traguardi di una vita che non c’è più, strappata troppo in fretta in un pomeriggio di fine estate.

«L’ho saputo la sera – racconta nonno Ermenegildo, ex maresciallo dell’Aeronautica – e fino al mattino dopo non sono riuscito nemmeno a parlare. Poi è arrivato il momento del pianto, mi sono sfogato e ho trovato l’affetto e la vicinanza di tante persone che mi hanno aiutato un po’. Il dolore è fortissimo. È una cosa più grande di noi. Simone lo abbiamo cresciuto noi, lo portavamo a scuola, a calcio, ovunque servisse perché i genitori lavoravano. Ci raccontava sempre tutto, la sua vita, i suoi sogni, i progetti che aveva. Questo mi mancherà molto. Sì è sacrificato molto per raggiungere i suoi traguardi».

«Era coscienzioso, esperto. Chissà cosa è successo – si chiede il nonno, trattenendo a stento le lacrime – sicuramente le cause sono più di una. Quando senti di tragedie simili, sei addolorato, ma non pensi mai che possa capitare a te. E quando succede, è una cosa che ti toglie il fiato».

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«Per me era come il sole – lo ricorda, commossa, nonna Irma –, portava gioia quando arrivava a trovarci. Era espansivo, veniva ad abbracciarci e a parlare. Era comune un figlio. Ho ottant’anni, avrei dato la mia vita per salvare la sua. Era una persona tenace, precisa, costante che si è sempre impegnata molto per ottenere ciò che inseguiva».

Una passione, quella di Simone per il volo, che nasce tra le mura domestiche. «Il nonno è stato maresciallo dell’Aeronautica – spiega nonna Irma –, il padre, mio figlio, lo è a sua volta. E anche Simone, fin da piccolo, si è appassionato di volo». Ha cominciato presto ad amare quel mondo di cui papà e nonno gli davano quotidianamente degli assaggi. Per questo, quando ha scelto gli studi, non ha avuto nessun dubbio, optando per il Malignani, indirizzo Costruzioni aeronautiche.

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«Alle superiori era compagno di classe di mio figlio Raffaele – riferisce fuori dalla chiesa Fabiola Baschino – e di quel gruppo di amici Simone è l’unico ad aver raggiunto l’obiettivo». Perché volare, per Simone, era tutto.

«Quando ci troviamo davanti a cose più grandi noi, la prima cosa, che giustamente che ci viene da fare è di rimanere in silenzio. Per capire e lasciarci smuovere da quel che accade. Non un silenzio vuoto, ma un silenzio pieno. Pieno di rispetto, commosso. Ma anche pieno di domande» ha detto il parroco, don Agostino Sogaro, rivolgendo un pensiero di cordoglio ai genitori di Simone, Paola e Davide, al fratello Mattia e alla fidanzata Martina.

E anche ai familiari di Alessandra Freschet, la studentessa 15enne che era nell’ultraleggero assieme a Simone e che, come lui, è morta in seguito alle ustioni riportate dopo l’incidente del mezzo avvenuto in fase di atterraggio.

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