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Sparò per difendere il collega carabiniere, il pm chiede l’archiviazione

Non poteva difendere in altro modo il collega carabiniere, se non sparando quei quattro colpi che hanno causato la morte del 54enne Haxhi Collaku.

È sulla base di questa conclusione, accertata da accurate perizie sia balistiche sia sulle armi che sui veicoli coinvolti, che la Procura padovana ha deciso di chiedere l’archiviazione dell’accusa di eccesso colposo di legittima difesa per il quale è indagato un vicebrigadiere del Nucleo radiomobile (Norm), in correlazione alla sparatoria della Sacra Famiglia avvenuta un anno fa.

Per riprendere la vicenda bisogna riavvolgere la pellicola. È il pomeriggio del 14 luglio del 2023. Alla centrale operativa dei carabinieri arriva una richiesta di aiuto da una donna.

Afferma che l’ex marito – già denunciato per stalking – si trova sotto l’abitazione di lei, in via Castelfidardo. Viene inviata una pattuglia del Norm che arrivata sul posto identifica il 54enne.

I carabinieri spiegano a Collaku che si sarebbe dovuto allontanare dalla casa dell’ex moglie perché destinatario di un ammonimento del questore, allora Antonio Sbordone, che gli aveva intimato di non avvicinarsi alla zona.

In un primo momento l’uomo sembra accettare con rassegnazione il comando, salendo sul suo furgone pronto a tornare a casa. Mentre i militari finiscono di compilare il rapporto, accade però l’imprevedibile.

Collaku fa finta di fare retromarcia come per lasciare la scena, poi però ingrana la prima e accelera nella direzione di un militare che è davanti a lui. Lo investe frontalmente, schiacciandolo tra il muso del furgone e l’auto di servizio, stritolandogli le gambe.

Ma la violenza non si placa. Sceso dall’abitacolo con un coltello, il 54enne si appresta a dare il colpo di grazia al militare a terra con un coltello a serramanico da 12,5 centimetri.

«Sparagli, ti prego», grida il carabiniere ferito. A quel punto, il secondo vicebrigadiere che ha schivato l’incidente capisce di dover agire. Appena cinque secondi di reazione che portano il carabiniere a fare una scelta difficilissima. Per difendere il collega estrae la pistola d’ordinanza e spara quattro colpi. Due di avvertimento colpiscono le gambe dell’uomo di origini albanesi, che non si ferma all’alt.

«Fermati, molla il coltello», grida il vicebrigadiere. Altri due proiettili colpiscono allora il torso. Portato d’urgenza all’Ospedale di Padova, Collaku è deceduto nel tardo pomeriggio della stessa giornata per la gravità delle ferite riportate.

Il militare travolto dal furgone, il vicebrigadiere Marco Scuderi, 38 anni di origini siciliane, riporta gravi lesioni e fratture alle gambe. Rischia anche una cancrena a uno degli arti, ma le cure mediche permettono una ripresa rapidissima: è tornato in servizio qualche mese fa, trasferito alla Legione Carabinieri del Veneto.

L’altro vicebrigadiere del Norm, quello che ha sparato, è stato invece indagato dal sostituto procuratore Marco Brusegan con l’ipotesi di eccesso colposo di legittima difesa. Dopo un anno esatto di perizie balistiche sull’arma di servizio, sui veicoli sequestrati, nonché gli accertamenti del medico legale, di un perito informatico e di un esperto in infortunistica stradale, sono state chiuse le indagini.

La Procura è arrivata alla conclusione che la condotta del carabiniere sia rientrata nelle regole d’ingaggio svolgendo il proprio dovere.

«Siamo sempre stati fiduciosi che le indagini avrebbero fatto emergere che il carabiniere ha agito solo per difendere il collega», ha osservato l’avvocato difensore Ernesto De Toni.

La richiesta di archiviazione è stata notificata anche al gip e all’avvocato Emanuele Scieri, assunto dal fratello di Collaku, che hanno tempo fino al 20 settembre per fare opposizione solo nel caso in cui ritenessero che durante le indagini siano stati trascurati elementi fondamentali.

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