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US Open, con Jannik Sinner terza semifinale italiana a New York. E su tutti gli Slam il dato aumenta

Con Jannik Sinner questa sera impegnato contro Jack Draper, l’Italia potrà per la terza volta godere di un semifinalista agli US Open nel tabellone maschile. Uno Slam, quello a stelle e strisce, quasi sempre risultato ostico ai nostri portacolori, fatte salve rare occasioni e anche con il contributo al contrario di alcune partite semplicemente girate per il verso sbagliato nel corso degli anni.

Si giocava ancora a Forest Hills, nel 1977, quando ci arrivò Corrado Barazzutti: il friulano era nel fiore dei suoi anni migliori in quello che si rivelò essere il terzo e ultimo anno sulla terra verde, nota anche come har-tru. Fu un percorso impeccabile, il suo, in un’epoca nella quale i primi quattro turni si giocavano al meglio dei due set su tre. I nomi, per chi li ricorda, hanno eccome dei significati: Bill Scanlon, americano, che sarebbe poi diventato numero 9 del mondo, Ilie Nastase, rumeno, primo leader del ranking mondiale computerizzato, Mark Edmondson, australiano, il vincitore Slam dal ranking più basso nella storia, e Butch Walts, anche lui USA, il meno titolato di questi, ma pur sempre da quattro tornei vinti. Il colpo di mano lo piazzò battendo Brian Gottfried, numero 3 del seeding al tempo: 6-2 6-1 6-2. Finì tutto in semifinale, in tre set, con Jimmy Connors, che si rese protagonista del più antisportivo dei gesti: andare dall’altra parte del campo e cancellare il segno di una palla fuori. Che fu anche giudicata buona. Barazzutti ne fu scosso, comprensibilmente. Connors perse poi la finale con Guillermo Vilas.

Jannik Sinner, numeri d’alta classe verso la semifinale degli US Open con Jack Draper

Nel 2019, invece, si era proprio a Flushing Meadows, in una forma quasi uguale a quella che ancora oggi conosciamo. Matteo Berrettini era nella sua stagione dell’esplosione, ed entrò da numero 24 del seeding. Non ebbe un tabellone così facile: trovò il francese Richard Gasquet e lo batté in quattro set, al pari degli australiani Jordan Thompson e Alexei Popyrin (che era giovane). Il meglio lo riservò per gli ottavi, quando per due set non fece vedere palla ad Andrey Rublev. Fu il terzo il più complicato, ma il 6-1 6-4 7-6(8) sul Louis Armstrong Stadium gli valse gli ottavi. Fu drammatico fino al massimo il quarto di finale con Gael Monfils, visto anche lo status di (quasi) ultima occasione per il francese di arrivare lontano. Ci volle il tie-break del quinto set per mettere definitivamente il romano sulla mappa del tennis che conta. Poi arrivò Rafael Nadal: una semifinale, quella, che vide Matteo avanti 4-0 nel tie-break del primo set, un vantaggio che non concretizzò. Finì in tre parziali, ma lui ai quarti ci sarebbe tornato altre due volte.

Complessivamente, sono 25 le occasioni in cui tennisti italiani si sono qualificati per semifinali Slam, era Open o no. Sinner ha raggiunto in questo senso Nicola Pietrangeli a quota 5, mentre alle spalle ci sono Berrettini e Adriano Panatta con 3. A seguire ci sono Giorgio De Stefani, Beppe Merlo, Corrado Barazzutti con due. Una, invece, ne hanno trovata Uberto de Morpurgo, Orlando Sirola, Marco Cecchinato e Lorenzo Musetti. A ognuno di questi nomi è legato un momento particolare del tennis italiano, ed è per questo che oltre i nomi ci sono le storie di quello che hanno rappresentato: chi il pionierismo, chi il bello degli Anni ’50 e ’60, chi l’esplosione degli Anni ’70 e chi la rinascita e prosecuzione di un’era d’oro degli Anni 2010 e 2020.

Va anche rimarcato un altro dato: Sinner, con la semifinale odierna, è diventato l’unico azzurro a conquistarle in tutti gli Slam. Prima di questo torneo condivideva la quota 3 con Berrettini, cui manca solo il Roland Garros (dove ci è peraltro andato vicino: quarti nel 2021 persi contro Novak Djokovic).

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