I Cosang sono tornati. Zero trap e tanto rap di denuncia, in ‘Dinastia’ non si piegano alle mode
I Cosang sono tornati. La reunion di uno dei gruppi rap più importanti d’Europa ha sicuramente scosso l’ambiente dell’hip hop e in generale della musica italiana. Soprattutto dopo le discussioni tra Luchè e Ntò avvenute mezzo social nell’ultimo anno. Dopo 12 anni ritornano insieme e i loro concerti settembrini a Napoli sono già sold out. Il loro nuovo cd Dinastia, non è per niente un lavoro “commerciale”, molti si aspettavano brani da tiktok. Dinastia è tutt’altro. Zero trap e tanto rap, flow veloci e beat di altissimo livello. L’intro del brano “Nun è mai fernut” e di “Dinastia” è ai livelli del beat tratto dal “Fantastico mondo di Amelie” che generò il più celebre brano del duo, ovvero “Into ’o rion”.
I Cosang, prima del boom dei social, che hanno indubbiamente sdoganato il genere rap in Italia, avevano creato uno spartiacque nel Belpaese, soprattutto al Sud, l’uso della lingua napoletana era senza ombra di dubbio uno dei loro punti di forza. Non sono un esperto di musica, non sto qui a fare la recensione del cd, ma i Cosang sono il gruppo rap che ha saputo raccontare nei dettagli, con forza critica, schierandosi dalla parte degli ultimi, la Faida di Scampia e la camorra nell’area nord di Napoli. I loro primi due LP si sono calati nella povertà, nel disagio di Marianella e dintorni. Protagonisti sono spesso uomini senza scelta. Un gruppo nato quando la scena hip hop napoletana non era contaminata dai soldi, formatosi “fuori” alle Poste Centrali di Napoli. I primi a collaborare con la scena milanese vedi il brano “Na-Mi”.
Quindi mi sono chiesto: dopo aver raccontato con maestria un’epoca e le sue atmosfere, dopo aver raccontato la periferia nel suo momento più buio, cosa hanno oggi da dirci i Cosang, cosa hanno da dire ai giovani i Cosang, dopo 12 anni di “divorzio” artistico? Rap di denuncia e critica. Questo mi ha sorpreso, la loro rinnovata denuncia del sistema e non solo. La loro critica spietata, il loro utilizzo del rap puro, delle rime, del flow. Insomma non si sono piegati alle mode, alle canzonette estive, alla scena del 2024 composta molto spesso da finti uomini vissuti che raccontano cose che non hanno visto, gente a cui non hanno stretto la mano. Sono ritornati con la loro autenticità. Ho apprezzato molto le feat, in particolare quella coi Club Dogo. Ho ritrovato l’energia del rap dei primi anni 2000, di gruppi che hanno fatto la storia dell’hip hop italiano. Pochi fronzoli, pochi artifici e tante tante rime. Interessanti anche i brani realizzati con Geolier e Liberato, quasi un messaggio, un ponte tra due generazioni di artisti.
I nuovi rapper, napoletani e non solo, hanno da apprendere da questi due arieti del rap. Invito i lettori, napoletani in particolare, ad ascoltare i brani del nuovo LP, per apprezzare la qualità delle canzoni di Ntò e Luchè, tra i pochi artisti che rappano rendendo comprensibile ogni singola rima, mozzando mai le parole, nonostante i loro timbri particolari, diversi e marcati.
E ora? Che impatto avranno i Cosang nella musica italiana? Come le nuove generazioni assimileranno il duo di Marianella? Beat, melodie e rime saranno riconosciute dal pubblico giovane, social, che riconosce ormai il rap come genere generazionale, che ha sdoganato la lingua napoletana? Sarà divertente osservare la reazione. Nel frattempo capiremo cosa accadrà a metà settembre a Piazza Plebiscito con il ritorno in live dei Cosang, nel cuore di Napoli, dove si mescoleranno due generazioni di ascoltatori. Il mio augurio a Ntò e Luchè è quello di conservare autenticità e propensione alla denuncia.
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