Libera la maestra arrestata a luglio: niente attività negli asili per 12 mesi
RONCHI È libera. Il Tribunale del riesame ha revocato venerdì la misura restrittiva dei domiciliari a carico della maestra di un nido privato della zona che all’alba di venerdì 19 luglio, quasi due mesi fa, era stata arrestata da alcuni carabinieri in borghese nella sua casa di Ronchi dei Legionari con l’accusa di presunti maltrattamenti ai danni dei bambini dell’asilo e frode a enti pubblici, Regione e Comune nello specifico. A riforma del dispositivo emesso nelle scorse settimane dal gip di Gorizia Flavia Mangiante e confermato poi dalla gup Laura Di Lauro, con cui era stata respinta l’istanza di alleggerimento del provvedimento, il Riesame in composizione collegiale – con i giudici Enzo Truncellito, Giorgio Nicoli e Luca Carboni – ha invece ordinato per l’indagata, nell’attuale fase preliminare, la misura del divieto temporaneo (per 12 mesi) di svolgere attività professionali e imprenditoriali in asili. Con l’interdizione da tutte le attività inerenti.
Sempre il Tribunale di Trieste ha ritenuto insussistente a livello indiziario la frode nelle pubbliche forniture, convenendo sulle argomentazioni opposte dalla difesa della donna, assunta fin dalle prime battute dall’avvocato Fabio Zamparutti: per come la vicenda è stata ricostruita non si concretizza al momento un’ipotesi di reato penale. I magistrati hanno piuttosto ricondotto detti rapporti tra fornitore dei pasti e famiglie dei bambini iscritti, lì una ventina, in un alveo strettamente civilistico. Fermo restando, da parte di Regione e Comune, la facoltà in un secondo momento di chiedere eventualmente in altra sede la restituzione dei contributi oggetto di erogazione pubblica per coprire le rette fissate dalla cooperativa, di cui la donna di circa 60 anni aveva assunto l’incarico di legale rappresentate e a cui era affidata la gestione del nido ronchese al centro dell’indagine. Un asilo rimasto operativo e che anzi – l’ha precisato il legale Zamparutti – «ha registrato quest’anno nuove iscrizioni». Non ha cioè particolarmente risentito del fatto salito alla ribalta della cronaca.
Un colpo dunque messo a segno dalla difesa, nell’attuale fase embrionale di indagini, avviate lo scorso inverno a seguito di alcune segnalazioni, la prima delle quali anonima. Che fa ben sperare, in prospettiva, indagata e avvocato, ieri dichiaratisi «soddisfatti» dell’esito al Riesame. Quando cioè la difesa sarà nel caso chiamata, al termine delle indagini preliminari, a entrare nel merito delle accuse, a fronte di una possibile richiesta di rinvio a giudizio, messa in conto dalla parte. «Sicuramente – commenta Zamparutti – l’affievolimento della misura restrittiva, meno severa peraltro rispetto a quella da noi inizialmente ipotizzata, vale a dire il divieto di avvicinamento al nido, apre una strada a un certo tipo di difesa nell’eventuale dibattimento». In queste settimane il legale ha già raccolto una serie di testimonianze a supporto delle tesi sostenute dalla donna indagata, che, pur avvalendosi della facoltà di non rispondere, attraverso il difensore s’era sempre definita «estranea a ogni addebito», sicura di «disporre di validi strumenti per ricondurre i fatti contestati a ogni singolo operato», escludendo recisamente «episodi maltrattanti».
I Nas di Udine addebitano alla maestra, dopo quattro mesi di indagini coadiuvate dall’utilizzo di cimici e telecamere segretamente piazzate nell’asilo, d’aver fatto «figurare una fornitura di pasti in quantità superiore rispetto a quelli realmente somministrati» ai piccoli. Oltre ad alcuni episodi di maltrattamenti perlopiù verbali: grida, bruschi richiami e, in qualche caso, l’isolamento a scopo “correttivo” in una stanzetta, l’antibagno privo di finestra. Un faldone alto 30 centimetri, scaturito da più d’una segnalazione, quello che coinvolge la sessantenne. Un fascicolo aperto dal sostituto procuratore Gian Marco Maffei.
Le segnalazioni erano sfociate a marzo nelle indagini del Nucleo antisofisticazione e sanità di Udine, coadiuvato dai carabinieri del Comando provinciale isontino per la fase esecutiva dell’ordinanza di misura cautelare. Le attività investigative «hanno permesso di documentare – così il Nas a luglio – numerosi episodi di maltrattamenti». E appurare «l’entità della frode commessa»: in pratica forniture dei pasti inferiori al numero dei bimbi. Per l’accusa il cibo veniva suddiviso in razioni più piccole (circa la metà del pattuito), ritenute inadeguate, a fronte però del regolare saldo della retta. La controparte, invece, a ricondurre tali aspetti a una «razionalizzazione per evitare sprechi, dato che il 50% del cibo sarebbe stato altrimenti gettato via». Non solo: stando a Zamparutti, dalle stesse riprese effettuate in segreto dai Nas per appurare la sussistenza o meno dei maltrattamenti, «si rilevano piatti pieni davanti ai bimbi durante i pasti». Fatta salva la presunzione d’innocenza, si attende ora la chiusura delle indagini, per meglio precisare i contorni della vicenda