Omicidio di Canizzano, dopo settanta giorni nessuna traccia del killer
«Noi familiari non sappiamo nulla. Siamo rimasti al
3 luglio, quando Vincenza è stata trovata senza vita vicino a quel casolare. Nessuno ci ha detto niente, le uniche cose che sappiamo le abbiamo lette dai giornali dove c’era scritto che il cerchio si stringe». Sono passati più di due mesi dall’assassinio di Vincenza Saracino, la 50enne di Canizzano che è stata brutalmente uccisa con cinque coltellate, mentre stava tornando a casa dal lavoro il pomeriggio del 2 luglio.
Due mesi e la famiglia Stefanato è ancora senza una risposta. Senza la verità che permetterebbe di chiudere un capitolo dolorosissimo della loro vita.
«Facciamo fatica ad andare avanti, siamo una famiglia molto unita, la morte di Vincenza ha sconvolto tutti, ognuno di noi sta affrontando questa perdita come meglio può». Davanti a tanto dolore, alla immensa fatica di un marito, di una figlia, ma anche di cognati, nipotini e tantissimi amici che si stanno impegnando ad andare avanti ed accettare la violenza subita, i familiari si sentono senza un faro, o quanto meno un lumicino, che faccia chiarezza su quello che è successo.
«Abbiamo vissuto quello che eravamo abituati a vedere nei film. Prima del 2 luglio non avevamo mai avuto a che fare con carabinieri, investigatori, medici legali. Erano cose che vedevamo alla televisione, distanti anni luce dalla nostra routine», continuano i familiari, «da quel giorno ci è crollato il mondo addosso. Vincenza non potrà mai più tornare ma noi abbiamo bisogno di conoscere la verità. Perché è stata uccisa? Era una donna generosa, gentile con tutti.
Andava a lavorare e poi tornava a casa dalla sua famiglia, aveva una vita normalissima come quella di tante donne e mamme. Solo che lei forse dava troppa fiducia alle persone, se poteva dare una mano non si tirava indietro, anzi. Per questo vogliamo conoscere la verità, sapere chi può averle fatto del male».
I familiari raccontano di aver interpellato diverse volte gli investigatori ma la risposta è sempre stata la stessa: «ci dicono che stanno lavorando e che presto arriveranno ad un responsabile. Abbiamo letto sui giornali che sono venuti i Ris ad effettuare dei rilievi sulla bicicletta, che hanno analizzato il telefono, ma possibile che non ci dicano niente di più?».
Non c’è rabbia nelle loro parole ma solo la disperata volontà di capire e dare un senso, per quanto possibile, a quello che è successo a Vincenza, che un pomeriggio è uscita dal lavoro ed è stata ritrovata il giorno dopo senza vita, a terra in un casolare abbandonato, non lontano da dove viveva insieme al marito Fabio, alla figlia e ai cognati.
Sono due mesi di attesa, di un tempo lungo e tormentato, pesante come un macigno, lo si capisce anche dalla lettera di Anna lasciata sul loculo dove è sepolta sua sorella: «Mai diventerai un ricordo sbiadito dal tempo che passa. Tu non sarai mai il passato, io non ti dimentico e se dovrò vivere cento anni, continuerò a parlare di te, ovunque cammino».