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Il dirigente Pietro Leonardi: «Senza calcio vivo male. Udinese e Parma possono essere le squadre rivelazione»

Dal 2015, parole sue, non entra più in uno stadio.

Pietro Leonardi, ex dirigente di Udinese e Parma, dopo il fallimento del club emiliano è stato squalificato per cinque anni con preclusione definitiva, di fatto una sorta di radiazione a causa del fallimento del Parma.

«Mi hanno fatto passare per un mostro», dice. Nel 2023 è stato assolto per non aver commesso il fatto dall’accusa di fatture false per la compravendita di giocatori.

«Entro fine anno avrò l’appello dell’ultimo processo, se sarò assolto, chiederò di poter rientrare nel calcio, non mi arrendo».

Leonardi, come si sta lontano dal calcio?

«Non bene. Tra poco saranno dieci anni che non metto piede in uno stadio. L’ultima volta è stata nel 2015».

Le manca? E se sì, cosa in particolare?

«Mi manca tutto quello che è stato il mio mondo per una vita, l’emozione e la gioia di fare il lavoro di direttore sportivo con la massima professionalità. Mi auguro che entro la fine dell’anno la mia posizione venga chiarita a livello civile e penale e che successivamente possa tornare nel calcio. Da anni sto vivendo una situazione paradossale».

Guarda le partite?

«Qualcuna sì, quelle più importanti e quelle delle squadre cui sono maggiormente legato».

Due di queste sono Parma e Udinese che si affronteranno lunedì?

«Diciamo di sì. Al Parma ho dato tutto me stesso per sei anni, anche se la squadra che più mi è rimasta nel cuore è l’Udinese. Per la società, per la gente e per i risultati. Io c’ero nella stagione della Champions e in quella dei quarti di coppa Uefa con il Werder, momenti indimenticabili per i friulani».

Parma e Udinese sono partite bene...

«Bene e con qualità. Ho visto i bianconeri all’opera con Bologna e Lazio e mi sono piaciuti per come sono stati in campo mettendoci spirito di sacrificio ma anche qualità».

La scorsa stagione l’Udinese ha rischiato come mai di retrocedere.

«Vero e in occasione del trentesimo anno consecutivo nella massima serie sarebbe stato bruttissimo. Alla fine è andata bene. L’importante è che si tragga insegnamento da queste situazioni».

Il Parma nelle prime tre giornate ha schierato l’undici con l’età media più bassa di tutta la serie A.

«Ci sono molti giocatori di prospettiva, con qualità importanti. E poi si vede che il Parma è una squadra allenata bene. Mi auguro che con l’Udinese possa essere la rivelazione del campionato».

L’Udinese è una squadra un po’ meno giovane con il giusto mix in tutti i reparti.

«Questo è importante. Anche ai miei tempi a Udine in tutte le zone del campo c’erano dei giocatori guida».

All’Udinese è tornato Sanchez che arrivò nel 2008 quando a Udine c’era lei. Sorpreso?

«Più che sorpreso felice. Parliamo di uno dei giocatori più importanti della storia dell’Udinese. Queste storie che procurano emozioni fanno sempre bene in un calcio dove il sentimento non esiste quasi più».

Un ricordo del Niño al quale è rimasto legato?

«Lui voleva sempre giocare. Sempre. Ci fu una gara in cui venne espulso e la settimana successiva mi implorò di mandarlo a giocare il sabato con la Primavera. Qualsiasi altro giocatore l’avrebbe presa come un’offesa, lui no. Alla fine lo accontentammo».

Da dirigente è tornato anche Inler.

«È il calciatore più professionale che ho incontrato nella mia carriera. Sarà d’aiuto ai giovani in questa sua nuova veste».

La forbice tra le grandi squadre e quelle del centro classifica si è allargata rispetto a quando lei lavorava a Udine.

«Fino a un certo punto. C’è un discorso tecnico: un po’ tutte le squadre hanno in rosa tre-quattro giocatori che possono cambiare le partite, si tratta anche di avere una importante condizione fisica: guardate l’Atalanta, la squadra che corre più di tutte le altre...».

Leonardi, ci fa un pronostico sullo scudetto? Anche lei vede l’Inter strafavorita?

«Sì. Rispetto alle altre grandi ha cambiato poco o niente. E non mi riferisco solo alla rosa, ma anche agli allenatori e ai dirigenti. Mettiamola così: solo l’Inter può perdere lo scudetto».

E in Europa fin dove possono arrivare le italiane?

«Bisogna capire bene come va questa nuova formula della Champions. Sulla carta possono fare bene, ma ci sono squadre che hanno qualcosa in più».

Alla guida della Nazionale c’è un ct che lei conosce molto bene: Luciano Spalletti.

«Ci ho lavorato assieme due anni e mezzo: i primi a Empoli dove vincemmo un campionato di B e conquistammo una salvezza e a Udine dove portò la squadra in Champions. Luciano è arrivato dove doveva, è un allenatore virtuoso e geniale, uno che vede le cose prima degli altri».

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