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Le ultime custodi del mare, la storia delle sirene di Jeju

Il nuovo documentario di Apple TV+, The Last of the Sea Women, diretto da Sue Kim, trasporta gli spettatori nell'affascinante mondo delle haenyeo, un gruppo di donne subacquee dell'isola di Jeju, in Corea del Sud, che da secoli si immergono nelle profondità oceaniche per raccogliere frutti di mare, senza alcun supporto d’ossigeno. Queste donne resilienti, spesso chiamate "sirene in carne e ossa", hanno sostenuto per generazioni le loro comunità grazie al loro lavoro, ma la loro storia è ben più di una semplice lotta per la sopravvivenza. È una testimonianza di determinazione, forza e di un confronto imminente con il cambiamento climatico, la pesca eccessiva e minacce ambientali come il rilascio di acqua radioattiva dalla centrale nucleare di Fukushima, in Giappone.

Presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival (TIFF), The Last of the Sea Women approderà su Apple TVè l'11 ottobre. Questo documentario non si limita a raccontare l'eroismo delle haenyeo nel loro ambiente naturale, ma esplora profondamente le difficoltà che queste donne affrontano, sia nel mantenere vive le loro tradizioni, sia nel lottare per la sopravvivenza del loro habitat marino. Le haenyeo, oggi per lo più nelle loro 60, 70 e persino 80 primavere, incarnano uno spirito indomito, legato indissolubilmente alla salvaguardia dell’oceano e delle sue risorse. Tuttavia, il loro futuro è incerto. L'industria della pesca, l'innalzamento delle temperature oceaniche e la minaccia delle contaminazioni ambientali stanno mettendo a rischio non solo la loro attività, ma anche l’ecosistema che dipende dalle loro pratiche sostenibili.

Malala Yousafzai, produttrice del documentario e già simbolo mondiale di resilienza e difesa dei diritti delle donne, ha parlato con profonda ammirazione del progetto in un’intervista a Panorama.it. “La loro storia mi ha colpito profondamente," ha affermato Malala. "A 70, 80, 90 anni, continuano a tuffarsi nelle fredde acque dell’oceano, trattenendo il respiro per diversi minuti. Ma la loro storia non si ferma qui: stanno combattendo per proteggere il loro oceano, e sperano che questa battaglia possa ispirare altre donne e ragazze in tutto il mondo.”

Questo film segna il debutto di Malala come produttrice cinematografica, un impegno che si allinea perfettamente alla sua missione di raccontare storie di donne forti e resilienti. Attraverso la sua produzione, vuole amplificare voci spesso ignorate, mostrando come la narrazione visiva possa essere uno strumento potente per sensibilizzare su tematiche globali. “Raccontare storie è sempre stato al centro del mio attivismo,” ha spiegato Malala. “I documentari, i film e le serie televisive rappresentano un'opportunità straordinaria per dar voce a giovani donne, persone di colore e comunità che raramente hanno la possibilità di essere ascoltate.”

Sue Kim, la regista, ha portato con maestria una prospettiva intima e autentica, immergendo lo spettatore nella vita quotidiana delle haenyeo. In un’intervista esclusiva a Panorama.it, ha spiegato: "Il nostro film tratta di come le haenyeo stiano affrontando una crisi ambientale che minaccia non solo la loro cultura e il loro stile di vita, ma anche la salute dell’oceano e della fauna marina. Vediamo nel documentario come si mobilitano per protestare contro il rilascio di acqua radioattiva da Fukushima, cercando di fermare questo disastro ecologico."

Oltre a concentrarsi sugli aspetti ambientali, il documentario si addentra nella vita personale di queste donne, offrendo uno sguardo sui legami profondi che le uniscono. Le haenyeo non sono solo lavoratrici instancabili, ma anche amiche, madri e nonne, custodi di un patrimonio culturale che è stato riconosciuto dall'UNESCO come patrimonio immateriale dell'umanità nel 2016. Attraverso una narrazione delicata e senza forzature, Kim riesce a far emergere la forza interiore di queste donne, che nonostante l’età avanzata continuano a immergersi nelle acque gelide, dimostrando una tenacia fuori dal comune.

La fotografia del documentario è particolarmente suggestiva. Le riprese sottomarine trasmettono una serenità eterea, mentre le scene girate sull’isola di Jeju evocano un paesaggio quasi mistico, con albe dalle tonalità rosa e nebbie marine che avvolgono il litorale. Ogni immagine è un omaggio visivo alla bellezza e alla fragilità della natura, così come all'umanità delle haenyeo.
Ma *The Last of the Sea Women* non è solo una celebrazione di una tradizione antica, è anche un monito. Con meno di 4.000 haenyeo ancora in attività rispetto alle 30.000 degli anni '60, il film solleva questioni cruciali su come preservare questo patrimonio culturale per le future generazioni. Una delle speranze risiede nelle nuove generazioni di haenyeo, come Sohee Jin e Jeongmin Woo, giovani donne che stanno utilizzando i social media per diffondere la consapevolezza e attrarre un pubblico più ampio verso la loro causa. Grazie alla loro attività su piattaforme come YouTube e Instagram, stanno dimostrando che il legame con il mare può evolversi e continuare anche in un’era tecnologica.

The Last of the Sea Women è un inno alla resilienza femminile e alla lotta per la sostenibilità ambientale. È un documentario che non solo commuove, ma sprona lo spettatore a riflettere sull’importanza di proteggere le tradizioni culturali e il nostro pianeta.

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