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Dal caso Seung a Benno Neumair: la giustizia ci ricorda che la violenza non è malattia

Dal caso Seung, l’uomo che uccise Barbara Capovani, a Benno Neumair, il ragazzo altoatesino che uccise i genitori, in questi giorni ci sono stati importanti novità su fatti di cronaca eclatanti. Che cercherò di spiegare senza dare troppa importanza alla mia proposta di legge di modifica degli articoli del codice penale sull’infermità e la seminfermità per evitare conflitti di interesse.

Il caso Seung

Mercoledì prossimo la Corte di assise di Pisa discuterà sulla nuova perizia psichiatrica a Paul Seung. I due periti , Ariatti e Ferracuti (bravissimi e a me del tutto sconosciuti ad eccezione del fatto che da ragazzo conobbi il papà di Ferracuti, altro grandissimo psicopatologo) hanno stabilito che Seung non è “matto”. La stessa cosa aveva stabilito il consulente del Pm, Paterniti, altra persona di eccelsa qualità. E’ un narcisista antisociale con spunti paranoidei ma non ha disturbi psicotici. Quindi non ha agito in preda al delirio. Non aggiungo altro, perché la pena la dovrà decidere la Corte e chiaramente dovrà essere, come sarà, basata sui fatti.

Il caso Benno

La Cassazione ha reso definitivi gli ergastoli per Benno Neumair, il ragazzo che uccise i genitori in Alto Adige. Anche qui la suprema corte, come i precedenti gradi, ha escluso vizi di mente per Benno. Non è che io sia contento, nel senso che lo sono per la giustizia che si deve a due povere vittime, ma auspico che in carcere Neumair possa rinascere a una nuova vita, perché sono abituato a rispettare la Costituzione che amo tantissimo.

Ne Benno, ne Seung sono psicotici ma psicopatici: che significa un’altra cosa. Significa non provare dolore o rimorso dopo avere commesso un omicidio cosa che per noi, che piangeremmo se uccidessimo per sbaglio un gatto, risulta poco comprensibile.

Non considerare la violenza una malattia

E’ giusto osservare e analizzare comportamenti a-finalistici ma è sbagliato considerare la violenza, quella inspiegabile, come una malattia. Siamo abituati a normalizzare omicidi terribili come quelli di mafia (si pensi al piccolo Di Matteo e a tanti altri casi) ma non accettiamo che possano esserci, purtroppo, casi in cui i padri uccidono i figli e viceversa o si uccida per caso come è successo alla povera Sharon.

L’unica cosa che possiamo fare come persone è renderci conto dei nostri compiti e investire sulle relazioni e sulla empatia, contrastare il dilagare delle droghe, educare al confronto anche critico e serrato ma sempre rispettoso. Che poi significa, in una parola, democrazia.

° Vicecapogruppo FdI Alla Camera

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