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Draghi, l’Europa e la necessità di un mito fondante che vada oltre l’economia

Voce dal sen fuggita più ritirar non vale… è ormai quello che Mario Draghi ha detto è stato detto, e non in un luogo qualsiasi, né Draghi è uno qualsiasi. Ha detto, in estrema sintesi, che l’Europa così com’è non va bene; e se non cambia, muore. E siccome la malattia è di quelle mortali, occorrono non pannicelli caldi ma medicine forti e risolutive. Per esempio, 800 miliardi l’anno d’investimenti. Certo è che Draghi di economia se ne intende, e spero gli diano retta, e scuciano i miliardi. Cerco di capire: se uno investe 800 miliardi e ne ricava 900, è un guadagno; se non ci ricava niente, è uno sperpero. Spero che Draghi intenda investimento e non spreco.

Cosa manca, all’Europa, secondo lui? Che è vecchia, lenta, impacciata… e superata, con tutte le loro contraddizioni, da economie vivaci quali sono quelle di Usa e Cina; e l’India è all’orizzonte. L’Europa, come i vecchi, cerca di conservare quello che ha: i Latini chiamano la depressione il “veternus”, il morbo delle vecchiezza. Qui mi fermo, perché non sono economista, grazie a Dio, e credo che l’economia sia solo una componente della vita dei popoli e delle singole persone, e non la vita stessa. Per usare una locuzione di altri tempi, la mia visione della vita e del mondo è la finalità non economica dell’economia. Ovvero, non che i treni viaggino in orario – cosa desiderabile, ovvio – ma che mi portino in qualche buona destinazione; se mi portano a mala, meglio se ritardano, anzi è ottimo se non arrivano mai!

Quello che, a mio avviso, manca a Draghi, e anche a quasi tutti i suoi interlocutori, non è la scienza economica, è la politica. Checché ne pensino sia i liberali sia i marxiani, nessuna realtà politica è mai stata determinata dall’economia; e nessuno combatte, uccide e muore per i soldi e per il cibo… tranne i delinquenti e i cannibali. Gli Stati europei sono tutti nati per ideali e motivazioni politiche nel senso più ampio. La Francia, con tutti i suoi scossoni istituzionali di tre monarchie, cinque repubbliche e due imperi eccetera, è nata attorno all’ideale della Francia; la Germania, attorno alle conquiste prussiane del XIX secolo; l’Italia, un po’ confusamente, con il sogno dell’unità; l’Olanda e l’Inghilterra, poi Gran Bretagna, perché protestanti contro i cattolici… Eccetera.

Niente di tutto questo, in un’Europa nata solo ed esclusivamente per motivazioni economiche, e che, dal 1957, continua a ragionare solo in termini economici. Senza dimenticare che l’attuale Ue ci dà poco da scialare anche in termini di tristo materiale benessere. Anzi striscia una crisi economica che rasenta la fame. All’Europa manca tutto il resto. Avete mai sentito una canzone europea, avete mai letto un romanzo europeo, avete mai visto un film europeo? Attenzione, che sto parlando di cosette terra terra, prima di informarvi, gentili lettori, che manca l’essenziale: un mito che scaldi i cuori e produca non obiettivi di soldi ma le grandi emozioni della storia.

Abbiamo una guerra ai confini, e l’Europa, in questo caso Ursula, nemmeno se ne accorge: con questa legna, che fuoco volete accendere? Con questa botte, volete bere del buon vino? Con questi grigi cervelli, volete un mito? Per ridere amaramente, se questa Ue accettasse l’esigenza di un mito, sapete che farebbe? Istituirebbe un Commissione Mito, bene inteso lottizzata e ben pagata, la quale, dopo lunghissimi e complicatissimi lavori, elaborerebbe centinaia di pagine mitologiche per accontentare tutti a 360 gradi e ritorno, e in linguaggio così politicamente corretto da far sembrare meno piatta l’esistenza stessa di una sogliola. Del resto, le entità istituzionali, detto in generale, come nascono così anche muoiono. Ma l’Europa di Bruxelles non è mai nata come essere vivente, e solamente come una struttura burocratica non si sa nemmeno nominata da chi; e che misura i contenitori delle ricotte e ordina di tappare le bottiglie… Roba che magari è utile, ma per i tappi non serve scomodare la Storia: al massimo, storielle. Che fare? Sarebbe un problema di cultura.

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