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Marcia indietro di Zaia sulla diga nella valle del Vanoi. “Non possiamo permetterci un altro Vajont”

Adesso anche la Lega Nord, la Regione Veneto e il governatore Luca Zaia ammettono che forse non è una buona idea costruire un bacino idrico ai confini con la Provincia autonoma di Trento, nella valle del Vanoi. Nemmeno se l’obiettivo fosse quello di placare la grande sete della pianura. Perché si rischia un altro Vajont, ovvero che i fianchi della montagna collassino nell’invaso, provocando un’onda di piena.

L’ultima piroetta è proprio del presidente della giunta regionale, effetto anche delle proteste dei territori, che in questi giorni stanno tenendo assemblee pubbliche. Zaia ha dichiarato: “Non siamo innamorati né della causa a favore, né di quella contraria, certo non ci possiamo permettere un secondo Vajont e finché non è risolto anche il più piccolo dettaglio che potrebbe creare allarme e preoccupazione, la nostra posizione è di chiusura”.

Il progetto di una diga da 33 milioni di metri cubi d’acqua, a nord di Feltre e a sud di Fiera di Primiero, avrebbe un costo di 150 milioni di euro e un impegno lavorativo di cinque anni. A sostenerlo strenuamente è stata la Lega, anche se il de profundis viene ora recitato da Zaia sotto forma di una lettera dell’ingegner Vincenzo Artico, direttore dell’Area Tutela e sviluppo del territorio – Difesa del suolo della Regione. Il dirigente ha scritto al Consorzio di bonifica del Brenta, l’ente pubblico che ha vinto l’appalto per la progettazione, con un milione e mezzo di euro finanziati dal ministero dell’Agricoltura di Francesco Lollobrigida.

“Le grandi opere infrastrutturali vengono realizzate solo quando possono essere considerate assolutamente sicure, ma le analisi e le valutazioni condotte non forniscono questa garanzia, ossia assegnare alla realizzazione dell’opera un livello di rischio ‘zero’”. Il motivo? “Per quanto riguarda la geologia, sono note le criticità del sito, sia nel territorio veneto che in quello trentino, classificato con grado di pericolosità idrogeologico elevato, con evidenti fenomeni franosi già in corso sui versanti interessati”. Conclusione dell’ingegner Artico: “Pertanto si manifesta la preoccupazione riguardo al potenziale rischio di stabilità dei versanti, in quanto la Regione del Veneto deve garantire la sicurezza dei cittadini e del territorio in merito alla realizzazione dell’opera”.

Pur tirando un sospiro di sollievo, non può negare un certo disappunto l’europarlamentare dei Verdi Cristina Guarda, che da consigliera regionale si è opposta al Bacino del Vanoi. “Zaia ci fa pagare opere senza averle valutate? È inaccettabile che un presidente di Regione inserisca l’opera al primo posto degli interventi contro la siccità senza avere la certezza che non vi siano rischi. Come non bastasse, quattro anni dopo afferma di essere contrario finchè non verrà chiarita la totale sicurezza”.

Che si trattasse di una diga battezzata dalla Lega (veneta) basta rileggere l’intervento del capogruppo Giuseppe Pan in consiglio regionale, nel 2022, a sostegno di una mozione, contro cui votò solo Europa Verde. “Il ministero dell’Agricoltura ha finanziato il Consorzio di bonifica per il progetto e noi l’abbiamo inserito nel Pnrr della Regione Veneto come opera strategica. Al di là dei piccoli bacini in pianura, avere una diga… Dopo il 1976 in Italia non ne è stata più costruita una, ma se vogliamo avere l’acqua anche per i prossimi decenni, dobbiamo fare opere di questo tipo”.

L’eurodeputata Guarda rincara. “Adesso vogliono farci credere che è la Lega a dire di no all’opera. Fu la Regione Veneto ad avanzare nel 2020 una prima richiesta di fondi Ue. Poi ha inserito la diga al primo posto del piano delle opere per la siccità nel 2023. Pochi mesi fa ha dichiarato l’intervento essenziale per la collettività, ignorando l’allarme di cittadini ed esperti”. E aggiunge: “Se Zaia è davvero preoccupato di sicurezza, ambiente e agricoltura, finanzi progetti alternativi, senza reagire solo per cercare di far bella figura di fronte alle proteste di migliaia di cittadini. Altrimenti potremmo pensare che gli interessi attorno alla diga siano di convenienza per qualcuno che dalla diga potrebbe trarre vantaggi ben diversi da quelli del bene comune”. Contro la diga si sono espresse anche le Province di Trento e di Belluno, oltre a numerosi Comuni, da una parte all’altra del confine di regione, oltre a Gianpaolo Bottacin, assessore alla Protezione Civile del Veneto.

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