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Un classico di John Ford apre le Giornate del muto a Pordenone: omaggio a Harold Lloyd

Quarantatré anni di archeologia sacra accomunati da stupore e ricerca. Ed è utile aggiungere che “Le Giornate del cinema muto” di Pordenone guidate dal presidente Livio Jacob — quest’anno dal 5 al 12 ottobre con un’anteprima il 4 a Sacile — rappresentano un esemplare unico e nemmeno di nicchia come si potrebbe pensare. Certo, non tutti ci faremmo risucchiare da un “silent” abituati come siamo a comunicare ad alta voce, perché manca l’abitudine, ecco perché. Proviamoci, su. Come giustamente ricorda il direttore Jay Weissberg, «un bel film è capace di toglierci dai guai mettendoci a confronto con gli altri. D’altronde soltanto l’arte è capace di renderci uomini migliori». Non sembri un luogo comune, per carità, è una delle tante verità che sarebbe bene fissare. «Conoscere il cinematografo del passato serve a prendere coscienza di quello contemporaneo». Senza basi il futuro sarà sempre approssimativo. Si diceva 43. Un quarantennio di inesauribile caccia a ciò che si nasconde, ma poi alla fine è mostrato con tutta la sua meravigliosa polvere addosso. E la musica completa le immagini in uno dei duetti più epidermici che in sala si possa vivere.

Il vicepresidente Piero Colussi ha denunciato, durante la conferenza di ieri, le risorse sempre più esigue delle Giornate che nonostante tutto restano un punto di riferimento nel mondo internazionale del cinema. «La Regione sarà sempre al fianco di iniziative meritevoli come questa che aiutano a migliorare la qualità della vita», ha confermato il vicepresidente Mario Anzil, augurandosi di poter festeggiare nel 2027 Pordenone capitale europea della cultura.

Ciak a Sacile con Lloyd

Sacile resta nel ricordo di una lunghissima stagione. Quando il pordenonese Verdi stava mutando pelle, fu lo Zancanaro ad accogliere “Le Giornate” e la generosità è ben ripagata. Sabato 4, accennavo poc’anzi, assisteremo al primo giro di manovella che rappresenta una sorta di pre-apertura. Sul grande schermo non mancheranno gli onori al sublime Harold Lloyd, l’occhialuto giovanotto del Nebraska che impose la sua agilità negli affollati anni Venti riuscendo a gareggiare da par suo con i giganti del momento: Charlie Chaplin, Buster Keaton ed Harry Langdon. Harold firmò un contratto di duemila dollari la settimana. L’equivalente di 25 mila dollari di oggi. Il silenzioso scelto per il gong sarà “Girl Shy”, ovvero “Le donne… che terrore” del 1924, musicato dalla Zerorchestra. Non vi sovviene al momento chi è Lloyd? Vi ricordate l’immagine iconica di un uomo sospeso nel vuoto aggrappato alle lancette di un grande orologio? Ecco, quello è Harold.

Il western è lui: John Ford

Poi, con calma, arriverà John Wayne. Ben prima i polverosi canyon erano la terra amica di un regista che fece la storia: John Ford. Quello di “Ombre rosse”, per capirci. Bene. Il suo “I tre furfanti” del 1926 sarà il film numero uno delle Giornate pordenonesi al Teatro Verdi di sabato 5. L’ultimo “pistolero” muto. Giusto per inquadrare l’epoca e l’anima, vi diciamo intanto il clima: siamo in piena età dell’oro, gli anni Settanta dell’Ottocento. Tre fuorilegge salvano una donna in difficoltà. E qui si manifesta la simpatia di Ford per gli outsider. Farà da colonna sonora il sound dell’Orchestra da camera di Pordenone. Se un western apre un altro chiuderà il festival — che si è esteso in questo 2024 per una decina di giorni — sabato 12 ottobre. Stavolta dietro la macchina da presa si posizionò, nel 1926, Henry King. In questa pellicola ci sarà un esordio eccellente: niente di meno che Gary Cooper.

The Perl of the Ruins in prima mondiale

Doveroso ricordare in questo rullo di presentazione delle Giornate 43 il ruolo indispensabile della Cineteca del Friuli a braccetto con Cinemazero, il quale proporrà un paio di appuntamenti dedicati ai teenager: domenica 6 e giovedì 8. E proprio dalla Gemona valley è emerso, come in una Pompei generosa di ritrovamenti — prendiamo in prestito le parole del direttore della Fondazione Friuli, Luciano Nonis — “The Perl of the Ruins”, fornito di restauro, un’opera del 1921 con ogni probabilità commissionato dal Lloyd Triestino per farsi un po’ di pubblicità.

Effetti speciali nel cinema muto

In onore del premio Jean Mitry 1993 Jonathan Dennis al guru del “tutto è possibile” sul grande schermo Craig Barron sarà affidata la conferenza annuale dedicata al fondatore del New Zealand Film Archive. Barron, lo ricordiamo, è un mago degli effetti speciali. Craig vinse l’Oscar per il “Curioso caso di Benjamin Button”. E per restare in zona star ci tornerà a trovare Deborah Nadoolman Landis, moglie di John (The Blues Brothers e Animal House) costumista eccelsa che vestì, tra le decine di top, anche Michael Jackson oltre a John Belushi e Dan Aykroyd.

Le retrospettive

Fari puntati sull’Uzbekistan — i cui film evidenziano il contrasto fra le tradizioni secolari e il nuovo vento sovietico intenzionato a spazzare via il reazionario antecedente — sull’America Latina, a cui si aggiungerà il doveroso inchino a “La Bohème” di Giacomo Puccini filmata da King Vidor nel 1926. Il programma completo su giornatedelcinemamuto.it.

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