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San Matteo, dipendenti in fuga: la maggior parte sono infermieri

PAVIA. Le dimissioni volontarie sono la maggior parte, e riguardano in particolare gli infermieri: il San Matteo ha perso 50 dipendenti tra giugno e settembre e, di questi, i pensionati sono solo 17. Tecnici di laboratorio, amministrativi e operatori socio-sanitari sono una frazione, poiché il grosso delle dimissioni riguarda gli infermieri che si fatica a trovare già all’università: anche quest’anno gli iscritti a Infermieristica sono meno dei posti a bando. «Da qui a dicembre il conto si chiuderà in difetto, su quest’ambito siamo tirati» ammette Giusi Grugnetti, direttrice delle Professioni sanitarie del San Matteo. «Abbiamo coperto il turn over di dietisti, tecnici sanitari, Oss e altre professioni ma sugli infermieri ci sono alcune criticità. Speriamo nei concorsi che bandiremo a dicembre, dopo la sessione autunnale di laurea». I medici che hanno lasciato, invece, sono due.

L’ospedale è solo un’opzione

Il mercato della sanità è cambiato: con le nuove opportunità aperte dalle case di comunità e il “neonato” ruolo dell’infermiere di famiglia, l’ospedale è solo uno degli sbocchi possibili e molti lasciano in favore di un lavoro meno complesso dove non si fanno le notti, turni aggiuntivi per smaltire le liste d’attesa e non si deve sottostare ai ritmi necessari (ma massacranti) richiesti da un ospedale-riferimento come il San Matteo. C’è anche la libera professione: «Alcuni colleghi con cui ho parlato svolgeranno la libera professione nel sud milanese tra pronto soccorso, farmacie dei servizi, strutture per disabili o nell’ambito delle medicazioni avanzate» spiega Matteo Cosi, presidente di Opi (ordine provinciale degli infermieri). «È un problema di riconoscimento delle competenze: non è possibile che dopo 10 o 15 anni di lavoro un collega di reparto guadagni 200 euro o poco più rispetto al primo anno di assunzione. Per questo esorto i sindacati ad alzare l’asticella della contrattazione per migliorare le condizioni degli infermieri che lavorano in strutture ad alta complessità come quelle del San Matteo».

La perdita di personale, non si misura solo in termini di dimissioni ma anche di competenze acquisite in reparto che hanno richiesto investimenti di risorse umane e materiali, che vengono cedute e “travasate” ad altre realtà lavorative. Il San Matteo ha attivato diverse contromisure per compensare la carenza: due concorsi l’anno in concomitanza con le lauree degli infermieri, un bando a tempo determinato sempre aperto per l’assunzione “agile” di nuovi lavoratori, oltre ad altri bandi come quello per i pediatri (in 57 anno fatto domanda) e un recente concorso per ostetrici, infermieri generali e pediatrici, tecnici (un posto ognuno) nell’ambito del piano dei fabbisogni comunicato a Regione, che ha autorizzato l’aumento di personale di circa cento unità al netto di ritiri e pensionamenti. Ma a trovare infermieri si fa ancora fatica: «È un periodo storico dove assistiamo alla riduzione dei laureati» prosegue Grugnetti. Con effetti anche sui concorsi: «Un tempo avevamo graduatorie che non riuscivamo a esaurire nemmeno dopo tre anni. La volontà di assumere c’è, e Regione ha anche approvato l’aumento dei fabbisogni di personale».

Piano assunzioni

Sul punto, il presidente Venturi afferma: «Abbiamo un piano di assunzioni con numeri importanti che rispetteremo», parlando dell’auspicato aumento di personale da 300 unità in tre anni, tra dirigenza e comparto. «Dopo i tagli alla spesa degli anni passati il pubblico è tornato ad assumere determinando domanda di personale. C’è chi, magari, si trasferisce in contesti ritenuti più congeniali come la medicina del territorio. Le fuorisciute che abbiamo si devono anche a questo». I sindacati puntano sulle condizioni di lavoro: «C’è un malessere organizzativo che ancora persiste – commenta Roberto Gentile di Fials – i dati che abbiamo sono preoccupanti e ne parleremo nei prossimi incontri sindacali. Oltre ai professionisti che se ne vanno, si perdono anche le competenze acquisite nel tempo al San Matteo».

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