Referendum contro l’Autonomia: in Cassazione 1,3 milioni di firme
Sono due locomotive che viaggiano lungo binari paralleli. E nessuna delle due sembra avere intenzione di arrestare la sua corsa.
Da un lato, le forze di centrodestra – tutte o quasi – che premono per dare al più presto attuazione alla nuova legge sull’Autonomia differenziata. Dall’altro, il centrosinistra, che studia il blitz per annullare quella stessa legge.
Da un lato, la maggioranza, che appena due giorni fa ha annunciato la convocazione del tavolo Stato-Regioni per il 3 ottobre. Dall’altro, l’opposizione, che proprio giovedì 26 settembre si è presentata nella sede delle Corte di Cassazione, dove ha scaricato il contenuto di due pulmini colmi fino all’orlo, contenenti le centinaia di migliaia di firme per proporre un referendum contro l’Autonomia differenziata.
Ne sarebbero state sufficienti 500 mila, ne sono arrivate un milione e 291 mila. «Un bellissimo risultato, ottenuto in poco tempo, grazie alla risposta straordinaria dei cittadini» lo ha definito la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi, sorridente accanto gli altri volti di questa “battaglia”. E a farsi avanti saranno anche i “Parlamentini” delle cinque Regioni rosse, che a loro volta chiederanno il referendum.
Giovedì mattina c’erano la segretaria del Pd Elly Schlein, il presidente del M5S Giuseppe Conte – che pure non si sono degnati di mezzo sguardo –, il segretario della Cgil Maurizio Landini. E poi il segretario di +Europa Riccardo Magi e i leader di Avs Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Hanno posato uno accanto all’altro sulla scalinata della Corte di Cassazione, indossando le magliette con il logo del referendum e reggendo gli scatoloni contenenti la montagna di firme.
Il refrain è lo stesso. Schlein parla di una riforma che rischia di «spaccare in due un Paese, che invece avrebbe bisogno di essere ricucito nelle sue fratture e nelle diseguaglianze territoriali che hanno colpito soprattutto il Sud e le aree interne».
Conte parla di una legge «che frammenta l’Italia, impoverisce tutti i territori, riempiendoli di burocrazia».
Fratoianni cita il famoso documento redatto dalla commissione Lep, che, secondo indiscrezioni di stampa, potrebbe prevedere livelli diversi a seconda dei territori, rispondendo a una logica di rimodulazione dei finanziamenti in base al costo della vita. «Significherebbe tornare alle gabbie salariali. È una vergogna» tuona il leader dei Verdi.
Mentre il segretario della Cgil Maurizio Landini si rivolge ai cittadini: «Vogliamo che 25 milioni di italiani vadano alle urne e votino “Sì”».
Prima che questo avvenga, però, la Corte Costituzionale si dovrà esprimere sulla legittimità del referendum. E la risposta non è scontata, visto che è la stessa Costituzione a definire inammissibili i quesiti referendari che chiedono l’abrogazione di leggi tributarie e di bilancio, e la legge di cui viene chiesta l’abrogazione, ora, è proprio un collegato alla legge di bilancio.
«Se il referendum sarà ammissibile – premette infatti il segretario veneto della Lega, Alberto Stefani – noi siamo pronti. I veneti difenderanno la loro autonomia. Noi i referendum siamo abituati a vincerli». E pure il governatore Zaia tradisce sicurezza nell’illustrare i prossimi passaggi che la legge dovrà affrontare: «Il 3 ottobre, quando si andrà a incardinare il cronoprogramma dei lavori, a partire dalle nove materie Lep».
Ma la strada verso l’attuazione della legge potrebbe essere lastricata di problemi. O di quesiti referendari.