World News in Italian

Morto d'amianto: «L'amore dei familiari va risarcito»  

L'affetto tra coniugi, genitori e figli, fratelli va dimostrato davanti al giudice o, piuttosto, va dato per scontato che in famiglia ci si voglia bene e, casomai, vada dimostrato il contrario?

La domanda può aprirsi a mille riflessioni davanti a certi terribili casi di cronaca, ma ammette una sola risposta nel caso della famiglia di un operaio di Marghera che si è ammalato di cancro sul lavoro per aver inalato per anni le letali fibre di amianto. Ammalarsi e morire di cancro.

È accaduto a centinaia di lavoratori che fino agli anni Ottanta hanno lavorato nei porti, nella coibentazione di treni, tetti, navi, in altri ambienti di lavoro dove l'amianto veniva usato come isolante e trattato senza mascherine e tute protettive.

È accaduto anche al signor R.C., che abitava a Marghera con la sua famiglia e che - spiega l'avvocato Enrico Cornelio - «aveva lavorato come operaio terzista in appalto in manodopera per la società Isolfin di Ravenna presso la Montedison Spa e poi era stato assunto dalla Montedison per un periodo successivo. Nell'attività lavorativa è stato esposto ad inalazione di polvere di amianto».

Nei giorni scorsi, rovesciando la sentenza di primo grado, la Corte d'Appello civile ha riconosciuto che la sua famiglia ha diritto ad essere risarcita, anche quei legami d'amore e d'affetto lacerati dall'amianto, condannando le aziende a risarcire la vedova, i figli, i fratelli con un totale di 650 mila euro. «Il Tribunale del lavoro in un primo tempo», commenta l'avvocato Cornelio, «aveva già condannato Edison e Isolfin in solido al pagamento di 76 mila euro.

In appello la Corte aveva elevato la cifra a 95 mila euro, mentre la vedova aveva ricevuto l'indennità Inail. A seguito di tali sentenze i familiari si sono rivolti al Tribunale civile per ottenere il risarcimento del danno patito da "perdita parentale": domanda rigettata dai giudici di primo grado per i quali non era stato dimostrato il rapporto affettivo tra i familiari».

Di tutt'altro avviso i giudici di Appello, che hanno invece ritenuto che non ci fosse nulla da dimostrare, ma che - sentenze della Corte di Cassazione 9196/18 e 2776/24 alla mano - «il rapporto affettivo tra coniuge, figli e fratelli sia assistito dalla presunzione iuris tantum di aver patito conseguenze pregiudizievoli a causa del decesso del congiunto, un rapporto che è connaturato alla natura umana e che, salva prova contraria da offrirsi da controparte, deve presumersi caratterizzato da una forte affettività».

L'affetto si dà per scontato in famiglia: è il contrario che va dimostrato. —

Читайте на 123ru.net