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L'espansione della Turchia nelle economie mondiali

La Turchia ha annunciato l’intenzione di entrare nei «Brics», ristretto circolo di economie dei Paesi capitanato da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Ma il suo ingresso potrebbe portare a nuove complessità.

La Turchia ha avviato il processo per l’adesione ai Brics (Brasile, Russia, India e Cina, Sud Africa), e si è premurata di farlo sapere a tutto il mondo. Ankara, abituata a giostrare su molti tavoli, intende aggiungere una nuova freccia al suo arco di strumenti negoziali. Ecco perché. Forte del suo acronimo di notevole richiamo coniato agli inizi di questo secolo da Jim O’Neill di Goldman Sachs, i Brics hanno alimentato copiosa letteratura e fornito argomenti di conversazione a numerosi esperti di economia dello sviluppo, anche in Italia. Meno noto è che, nel 2015, fu proprio Goldman Sachs a chiudere per rendimenti troppo bassi il proprio fondo dedicato ai Brics, che all’epoca non includevano ancora il Sudafrica. La sigla di questo gruppo non designa solo i fondatori del club (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) ma quello che oggi è comunemente considerato il ritrovo del «Sud del mondo».

La mossa di Ankara arriva prima del vertice Brics che avrà luogo in Russia alla fine di ottobre, e impone una riflessione su cosa siano oggi. In una fase dinamica a blocchi - capitalismo democratico contro capitalismo autoritario, come dice il politologo israeliano Azar Gat - molti membri dei Brics si mettono alla finestra per essere corteggiati. I sauditi, per esempio, vogliono il nucleare. Dicono civile, ma arrivare al militare è un attimo. Nemmeno disdegnerebbero, i sauditi, un invito ad aderire al Gcap, la piattaforma aerea di sesta generazione con un vasto sistema informativo integrato con sistemi armi robotizzate, che al momento è un ménage à trois tra inglesi, giapponesi e italiani. Ebbene: stare nei Brics, sebbene al prezzo di una difficile coabitazione con l’Iran, dà ai sauditi maggiore potere negoziale rispetto a queste richieste.

Spesso considerati come un gruppo coeso in grado di rappresentare un contrappeso alle potenze occidentali, i Brics si sono sempre caratterizzati per profonde tensioni e contraddizioni che ne hanno compromesso il potenziale. Uno dei principali fattori di divisione al loro interno rimane la disparità economica tra i membri. La Cina, con un Pil che supera quello degli altri membri combinati, è di gran lunga il membro più potente del gruppo. Questo dominio economico della Cina ha causato tensioni tra i membri. Gli stessi Brasile, Russia e Sudafrica, grossi beneficiari di investimenti cinesi, non possono accettare ruoli marginali.

Anche se la Russia ha cercato di rafforzare i suoi legami economici con la Cina, questa dipendenza dalla Cina ha messo in evidenza un ulteriore squilibrio all’interno dei Brics. Mosca ha visto ridursi le sue opzioni economiche e politiche a causa della sua progressiva esclusione dall’economia globale, rendendo ancora più difficile per il Paese esercitare una leadership significativa all’interno del gruppo. L’India rappresenta un caso forse unico all’interno dei Brics. Sebbene sia una delle economie in più rapida crescita al mondo, con un mercato interno vasto e dinamico, Nuova Delhi si trova in una posizione geopolitica complessa. Da un lato, vuole mantenere buone relazioni con i Brics e continuare a beneficiare delle opportunità economiche offerte dal gruppo. Dall’altro, è consapevole della crescente rivalità con la Cina, che ha portato a scontri militari lungo il confine himalayano e a tensioni diplomatiche mai rientrate.

Questa rivalità ha spinto l’India a rafforzare i legami con l’Occidente, in particolare attraverso il Quad (l’alleanza che include anche Stati Uniti, Giappone e Australia), per contrastare l’influenza cinese nella regione. L’India si trova quindi a dover bilanciare la sua partecipazione con la necessità di mantenere una posizione strategica di indipendenza dalla Cina, rendendo la cooperazione all’interno del gruppo ancora più difficile.

L’interesse della Turchia di unirsi ai Paesi Brics costituisce un ulteriore elemento di complessità per un’organizzazione già fragile. La sua politica estera, ovvero quella che prende impulso dalla guida del presidente Recep Tayyip Erdogan, si è infatti caratterizzata per il continuo pendolare tra l’Occidente e nuove alleanze con potenze emergenti, tra cui Russia e Cina, entrambe presenti all’interno della compagine dei Brics. A conti fatti, per ora lo status di membro di questa alleanza appare un amplificatore di potenza condizionante, e dunque uno strumento negoziale più che una vera e propria organizzazione con un capo e una coda. n


* Esperto di scenari strategici, fondatore di Policy Sonar

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