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Abatantuono e Angioni, il ciak in Friuli. L’attore milanese: «Ci vivrei». Il comico: «Il frico è un’esperienza mistica»

Motore. Silenzio. Azione. Sono i comandi arcinoti urlati su un set. Ce n’è proprio uno sontuoso giustappunto in Friuli, nel borgo di Clauiano, a una ventina di chilometri da Udine. Nella villa Manin Guerresco, affrescata come se non esistesse un domani ed elegantemente corredata da un mobilio fra antico e modernariato (ci hanno confidato che è tutta farina dello scenografo), si sono insediate le produzioni Notorious Pictures e Tramp Limited — al cinquanta per cento, svelano i rispettivi delegati — con un film ancora senza titolo, dalla caratura attoriale sull’allegro andante — e vi sveliamo seduta stante i due protagonisti: Diego Abatantuono e Max Angioni, quest’ultimo il comico del momento al debutto cinematografico — diretto e sorvegliato con cura da Volfango De Biasi, cineasta che solitamente scrive e gira. “Un Natale stupefacente” e “Nessuno come noi” appartengono alla sua ricca filmografia.

Sovrintende la Film Commission Fvg, ancora una volta complice dell’ennesima scelta del Cinema di preferire il Friuli Venezia Giulia come fondale di una storia che, nello specifico, si alimenta e cresce dentro una Rsa e aggiungiamo piuttosto lussuosa.

La troupe è a metà dell’opera. Cinque settimane in regione, mentre l’ultima sarà targata Puglia. Il cast è bello corposo: Giorgio Colangeli, Nini Salerno, Maria Grazia Cucinotta (in arrivo per gli ultimi ciak), Marco Messeri, Herbert Ballerina, Elisabetta De Vito, Elisabetta De Palo.

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Il cosa accade è centellinato dagli autori e lo possiamo comprendere. Il trio De Biasi-Abatantuono-Angioni, introdotto da Chiara Valenti Omero, con la simpatia che li accomuna, più che una conferenza inscenano un filotto di gag. Si evince dai sussurri del regista, per alimentare la curiosità, che nella opulenta magione vivono degli anziani ed è proprio lì che finirà un ragazzo per scontare una leggera pena, i soliti lavori socialmente utili. Sempre immaginando oltre le parole abbiamo colto sì una patina consistente di umorismo colto, ma pure una sottile malinconia propria dei luoghi dove l’umanità dai radi capelli bianchi cerca di non scordarsi la vita. Andiamo a tentoni, sia chiaro.

È Angioni a dichiarare per primo l’esperienza fondamentale al suo arrivo in terra friulana: «Il frico è stata un’esperienza mistica, un incontro dell’anima con un alimento». Gli viene chiesto: e con la Film Commission? «Lo stesso, adesso che vi ho conosciuto, come dire, un’esperienza mistica». Abatantuono lo sovrasta da una seduta piuttosto alta e benedice il suo debutto. «Max è uno che ascolta con intelligenza e questo farà di lui un bravo attore». Replica il giovanotto: «Da ragazzino speravo di arrivare sin qui, anche per una questione di soldi». I due si sfilano le battute, d’altronde l’incontro con la stampa viene solitamente usato per allenare l’improvvisazione. Sul titolo De Biasi non cede. «Maneggiamo un paio di opzioni, fra poco scioglieremo la prognosi».

Rafforza Diego: «Sul cibo mi astengo, ho già mangiato qualunque piatto tipico. Trovo che ci sia anche un’alta percentuale di milanisti e ciò non guasta. Io soffro anche il caldo e il Friuli garantisce un’oscillazione fra i 16 e il 20 gradi. Io ci vivrei».

Una questione puramente tecnica va riportata. La sceneggiatura è corale, un po’ come lo è lo spirito dell’opera. «Per favorire la creazione di solito invito gli amici del film a casa mia — rivela Diego — un luogo dove si mangia, si beve, si dorme e si scrive. Magari non tutte le battute saranno impeccabili e quelle poco divertenti le potrete senza sbagliarvi attribuire ad Angioni».

Il merito del regista? È ancora Abatantuono a intervenire in tackle in un dialogo come sempre ricco di fibre: «Molti attori ci hanno lasciato, nel senso di testa, portandosi dietro soltanto il corpo. Ecco, Volfango tiene uniti magicamente i pezzi. In realtà sono bravissimi».

Il film potrebbe uscire a marzo, altrimenti nel prossimo autunno. La distribuzione a tappeto sarà in tutta Italia, isole comprese.

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