Puff Daddy da magnate dell’hip-hop a (presunto) mostro sessuale in dieci punti: violenze, morti sospette, manipolazioni e cospirazioni nell’industria musicale
La caduta di un gigante. È stato forte e d’impatto il tonfo di Puff Daddy sul mondo dello showbiz americano. Ha lasciato un cratere enorme con nel fondo accuse di abusi, frodi e feste piene di alcol e droghe con il coinvolgimento di numerosi vip. Sulla testa del rapper, attualmente in carcere e in attesa di processo (la prima udienza è fissata per il 9 ottobre), pendono le accuse di associazione a delinquere e traffico sessuale. È stato denunciato da 120 persone (c’è anche una presunta vittima che sostiene di essere stata molestata a soli nove anni) e, stando all’avvocato di Houston Tony Buzbee, più di 3.280 avrebbero dichiarato di essere state sue vittime. Adesso che il vaso di Pandora è stato scoperchiato, a tremare è tutto lo showbusiness a stelle e strisce. Ed esiste ed è concreta la possibilità che il magnate dell’hip-hop porti a fondo con sé diverse star di calibro internazionale.
Daddy è stato rinchiuso nel Metropolitan Detention Center di Brooklyn da quando, il 17 settembre, si è dichiarato non colpevole di fronte alle accuse federali di aver usato il suo “potere e prestigio” per indurre vittime di sesso femminile a esibizioni sessuali sotto l’effetto di droghe con escort maschili in eventi soprannominati “Freak Offs”. Il suo avvocato ha detto che è innocente e che combatterà per riabilitare il suo nome. L’artista, tre Grammy e il vanto di aver lavorato con artisti del calibro di Notorious B.I.G., Mary J. Blige, Usher, Lil Kim, Faith Evans e 112, ha inoltre fondato la Bad Boy Records nel 1993, l’influente linea di moda Sean John, un marchio di vodka e la rete televisiva Revolt.
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