Porto di Genova, il piano “fantasma” di Bucci: cedere banchine alla Difesa per far posto agli immobili di lusso negli uffici della Marina
Per completare la sua “visione” di Genova 2030, con l’industria delle riparazioni navali e i suoi 3mila addetti trasferiti nel ponente cittadino già zeppo di servitù portuali e industriali, a far posto al “waterfront” di nuove residenze di lusso e approdi per maxi-yacht ideato con l’amico-consulente immobiliarista Carlo Puri Negri (proprietario di villone neogotico affacciato sull’area oggi navalmeccanica), il sindaco Marco Bucci, candidato alla successione di Giovanni Toti al vertice della Regione, aveva bisogno fra gli altri di un tassello particolare.
A far da cerniera fra il quartiere ex fieristico in corso di conversione residenziale e i capannoni dei riparatori navali è infatti un vecchio edificio della Difesa, la cosiddetta Batteria Stella, sede dell’Ufficio tecnico territoriale costruzioni e armamenti navali della Marina Militare (Utnav). L’immobile, che affaccia sul mare e guarda direttamente sul canale artificiale in via di costruzione per gli yacht, è in una posizione da sogno per un’operazione immobiliare come quella del waterfront: volumetria già esistente che per giunta, grazie ad un altro controverso progetto bucciano, il tunnel subportuale, dovrebbe beneficiare della dismissione della Sopraelevata, la strada urbana a percorrenza veloce che gli corre alle spalle.
Solo che la Marina lì ha uffici in piena attività. La soluzione è un complicato puzzle che prende forma all’inizio del 2023 e che, oltre al Comune, alla Difesa e all’Agenzia del Demanio, chiama in causa l’Autorità portuale, allora presieduta da Paolo Signorini. Il quale, promosso in autunno da Bucci alla guida della municipalizzata-gioiello Iren, sarà poi arrestato il 7 maggio successivo insieme a Toti, accusato come l’ex governatore d’essersi fatto corrompere dall’imprenditore Aldo Spinelli: i patteggiamenti proposti dai tre saranno vagliati a breve.
Signorini viene coinvolto perché è l’unico ad avere a disposizione spazi che possano convincere la Marina a mollare Batteria Stella. Ecco quindi un protocollo d’intesa in base a cui la Difesa s’impegna a retrocedere l’edificio (e le ultime porzioni di una caserma in città ormai dismessa) al Comune. E quest’ultimo a realizzare a proprie spese nuove costruzioni dove la Marina possa mettere l’Utnav e pure parte dell’Istituto Idrografico, da tempo in cerca di sede più comoda e consona dell’attuale sulle alture cittadine.
La destinazione ideale è individuata a Ponte Parodi, una banchina baricentrica del porto storico, e in una porzione d’un altro edificio portuale in via di riqualificazione commerciale (Hennebique), per i quali l’Autorità portuale avrebbe tutt’altri programmi che non dedicarli ad usi militari. Tanto che Signorini, senza fare una piega, s’impegna non solo a rinunciare a molo, aree retrostanti e parte di Hennebique, ma anche a “compatibilizzare” al progetto della Difesa la pianificazione del suo ente.
A firmare però il protocollo, a fine ottobre 2023, non sarà Signorini, ma, passato quest’ultimo alla ricca poltrona Iren, il suo braccio destro Paolo Piacenza, appena promosso da segretario generale di Autorità portuale a commissario straordinario dell’ente. Anch’egli finito indagato nell’inchiesta primaverile e dimessosi da commissario, malgrado il ruolo primario a fianco di Signorini verrà confermato dal Ministero delle infrastrutture come segretario generale dei nuovi commissari, scelti da Salvini e dal vice Edoardo Rixi in teoria per ripulire l’immagine del primo porto d’Italia: l’ammiraglio Massimo Seno e il giurista Alberto Benedetti.
Da allora di quell’accordo ispirato da Bucci, concretato da Signorini e confermato da Piacenza, che prevedeva più fasi, fra cui una valutazione di aree e immobili da parte del Demanio decisiva per capire il valore della permuta per il Comune, si sono perse le tracce. La giunta comunale l’ha approvato ma non è mai stato sottoposto al Consiglio né al Comitato portuale e nessuno degli enti coinvolti, interpellati dal Fatto, ha chiarito lo stato dell’arte.
Neppure i nuovi vertici di quell’Autorità portuale che, privatasi a fronte di nulla di spazi appetibili mai destinati a usi militari, è apparentemente l’unica a uscirne col cerino in mano. E che della gestione Signorini continua a non rinnegare praticamente nulla, siano le pratiche ispirate dalla corruzione patteggiata da Toti, siano quelle, ‘regolari’ ma onerose, caldeggiate dal suo aspirante epigono Bucci.
L'articolo Porto di Genova, il piano “fantasma” di Bucci: cedere banchine alla Difesa per far posto agli immobili di lusso negli uffici della Marina proviene da Il Fatto Quotidiano.