“All’Università volevamo cambiare noi stessi non il mondo. Scrivere è faticoso per farlo occorre energia. E, per ora, non ne ho”: il Vasco Rossi pensiero in un libro
Si intitola “Vivere/Living” il progetto dell’editore e gallerista Emilio Mazzoli, che ha selezionato e raccolto alcuni versi delle canzoni di Vasco Rossi per annotarne alcune riflessioni. Paul Vangelisti poi ha tradotto tutto in inglese. Il libro sarà presentato mercoledì 9 ottobre alle 16.30 in un evento a inviti al Teatro Storchi di Modena con Vasco Rossi, Cagnone, Vangelisti con le letture di Mariangela Gualtieri. Per presentare il progetto Vasco ha concesso una intervista a “La Lettura” de Il Corriere della Sera per raccontare anche il suo passato e come si è arrivati alla sua poetica.
“Ero iscritto all’università. E frequentavo ragazzi con i quali condividevo il sogno di cambiare non il mondo ma noi stessi. – ha detto il rocker – Provavo una certa insofferenza per gli estremismi di Lotta continua e di Potere operaio: gruppi animati da tanti giovani borghesi. Ero vicino agli Indiani metropolitani, una vera avanguardia. In quel periodo ho incrociato i libri sulla rivoluzione di Bakunin e ho scoperto il teatro sperimentale. Che mi ha spinto a leggere Ionesco e Beckett, a conoscere il Living Theater. E a uscire dalla mia timidezza. Intanto, scrivevo canzoni per divertirmi. Sono cresciuto tra i grandi cantautori italiani (Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori, Lucio Dalla, Francesco Guccini, Edoardo Bennato) e il progressive rock (Pink Floyd e Genesis). Sognavo di trovare una via italiana al rock”.
E poi ancora: “Fino ai venticinque anni ho avuto un’esistenza normale. Dopo ho vissuto solo per scrivere. Progressivamente, ho sempre più rinunciato alle distrazioni. Ho eliminato tutto. Oggi non ho una vita sociale. Non incontro persone. E, quando le incrocio, non so mai cosa dire. La mia migliore compagna è la chitarra. Ogni giorno ringrazio il cielo e la chitarra! Ma so che, poi, un disco deve viaggiare. E, per farlo, ha bisogno di tante competenze”.
Insomma una star della musica che ama la solitudine, ma che permette solo alla musica di bussare alla sua porta ad ogni ora e momento: “Mi considero uno s-collega, che ha difficoltà a stare in gruppo. A differenza di chi aderisce alle parrocchie, mi sono sempre sottratto alle tante sollecitazione di quelli che mi chiedevano di fare altro: mi è stato anche proposto di curare la regia di un film ispirato a ‘Vita spericolata’, ma io scrivo canzoni. Io sono questo. E so fare questo. È già tanto se nella vita sia fare una cosa bene. Ostinatamente ho cercato di rimanere duro e puro”.
E per futuro? “Scrivere è faticoso. Per farlo, occorre energia. E, per ora, non ne ho. Da materialista mi sto riscoprendo spiritualista, interessato soprattutto alla dimensione della coscienza. Ho capito che sono abitato da qualcosa di troppo grande da poter essere espresso, detto, colto. Sto arrivando alla convinzione che, per comunicare davvero, sia giusto affidarsi al potere del silenzio. La prossima volta che ci incontreremo potremo parlare senza dire una parola”.
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