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Inaccettabile la mancata autorizzazione del corteo pro Palestina a Roma: solo un potere fragile censura le idee

di Tito Borsa

È inaccettabile che la manifestazione a favore della Palestina a Roma non sia stata autorizzata e sono altrettanto inaccettabili le parole di Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei), che ha parlato di “abuso della libertà di manifestare” e di tentativo “di destabilizzare uno Stato di diritto”.

È importante ricordare che chi vuole organizzare una manifestazione non deve chiedere il permesso a qualcuno, ma deve dare un “preavviso” alla questura competente. Quelli che possono sembrare dei sofismi sono invece questioni sostanziali: il preavviso serve a permettere un’organizzazione tale che l’evento possa avvenire in sicurezza, senza che si entri nel merito del motivo alla base di quella manifestazione.

Essere scandalizzati dalle politiche israeliane ed essere dalla parte del popolo palestinese non è (ancora?) un reato in Italia, ma sembra già che si vogliano processare le idee. E questo dà l’idea di un potere fragile che ha bisogno di reprimere qualunque forma di dissenso per rimanere a galla.

La nostra Costituzione ci permette di manifestare in nome di qualunque idea ed è liberticida decidere quali idee siano degne di essere declamate in un corteo e quali invece debbano essere zittite. Anche perché, con l’aria che tira, era abbastanza prevedibile che la manifestazione sarebbe avvenuta ugualmente, con o senza il benestare delle autorità. Negare un diritto costituzionalmente garantito senza neanche una spiegazione convincente significa gettare benzina sul fuoco del conflitto.

È facile accettare solamente le idee che ci piacciono, come se fossero le uniche a poter essere manifestate. Qualche giorno fa il costituzionalista ed ex giudice della Consulta Gustavo Zagrebelsky su La Stampa ricordava che la libertà di espressione, di riunione e di manifestazione “vale non soltanto per le informazioni o le idee che sono accolte con favore o sono considerate inoffensive o indifferenti, ma anche per quelle che urtano, colpiscono, inquietano lo Stato o una qualunque parte della popolazione”, per citare la Corte europea dei diritti umani. Non si capisce quindi da dove arrivi l’“abuso della libertà di manifestare” menzionato da Noemi Di Segni. Il fatto assolutamente non dimostrato che le manifestazioni Pro Pal possano delegittimare Israele, anche se fosse vero, sarebbe del tutto irrilevante. Anche perché, se vogliamo essere precisi, Israele si è già ampiamente delegittimato da solo, avendo ucciso decine di migliaia di persone e avendo aperto sette fronti di guerra in un anno. Nel silenzio generale.

Con buona pace di chi vorrebbe legittimare soltanto le idee che gradisce, in Italia vige ancora una Costituzione che è contraria a qualunque forma di censura da parte del potere. Manifestare il proprio pensiero è un sano esercizio democratico che non deve subire alcuna limitazione, fatto salvo (a posteriori) ciò che prevede il codice penale.

È interessante notare che il divieto di manifestare si basasse anche sulla eventuale presenza di gruppi violenti e di personaggi lì per celebrare la strage del 7 ottobre scorso. A questo proposito vale ancora la pena di citare Zagrebelsky: “Non spetta all’autorità pubblica sindacare e quindi censurare idee che non approva”. Vietare una manifestazione significa dare prova di essere un potere fragile. Ed è inquietante che un potere che dà prova di fragilità abbia ancora tutto questo sostegno.

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