Svevo, Lucinico e l’ospitalità a villa Fausta: una nuova ricerca ora rimescola le carte
Sarà inaugurata entro l’anno un’area a Lucinico dedicata a Italo Svevo. Il progetto è realizzato da Giovanni Bressan, architetto, e dallo scultore Paolo Figar. Lo spazio, che vuol essere un belvedere letterario, avrà sede in via del Camposanto e sarà principalmente costituito da una panchina rossa, da un’opera dell’artista e da un pannello con spiegazioni riguardo allo scrittore triestino.
Ma perché l’Unione Associazioni Lucinico vuol omaggiare Svevo? Perché l’autore ha ambientato parte del finale de “La coscienza di Zeno”, (l’ottavo e ultimo capitolo intitolato “Psico-analisi”), proprio nella località isontina.
Via del Camposanto si trova in prossimità di Villa Nella, la dimora che, più volte, è stata identificata come il luogo che ha ospitato Svevo.
Barbara Sturmar, tuttavia, la pensa diversamente: la docente di lettere alla scuola media Ascoli, dottoressa di ricerca all’università di Trieste, ha compiuto sull’argomento ricerche approfondite che le permettono di collegare l’autore non a Villa Nella bensì a un’altra dimora di Lucinico: Villa Fausta. E i risultati di queste ricerche l’insegnante li pubblicherà sul prossimo numero della rivista La Panarie.
«Erano almeno due i triestini che, negli ultimi anni di vita dello scrittore triestino, possedevano a Lucinico una villa di campagna: a inizio Novecento il ceto medio legato ai commerci del capoluogo giuliano, grazie ai lucrosi affari legati al porto, aveva guadagnato molto e acquistava lussuose dimore nell’entroterra goriziano» racconta Barbara Sturmar.
Progettata dal triestino Michele Bussi, probabilmente in contatto con la famiglia Veneziani (i parenti di Livia, moglie dello scrittore), Villa Nella fu costruita dal 1905 al 1907. Prende il nome dalla consorte di Bussi, Nella Favetti. Durante la Grande Guerra, venne fortemente danneggiata, eppure, il suo proprietario la ristrutturò presto riportandola in ottime condizioni.
Per quanto riguarda Villa Fausta, la dimora fu distrutta da un bombardamento austriaco con granate incendiarie e non venne più ricostruita; le macerie, a lungo visibili, oggi risultano inghiottite dalla vegetazione in fondo all’attuale via Campagna Bassa. E anche Paolo Caccia Dominioni in alcune sue opere ne documentò la triste sorte.
Villa Fausta venne acquistata nel 1905 dalla famiglia Samaja, triestina di origine ebraica. Elio Samaja detto “Marco” era amico di Svevo, come confermano due lettere rinvenute da Riccardo Cepach. «Conseguentemente appare abbastanza logico supporre che Svevo possa aver soggiornato in Villa Fausta, tra il 1906 e il 1915, proprio come Zeno» scrive Barbara Sturmar su La Panarie. Anche perché, continua la docente, «Nella sua produzione letteraria, l’indice dei luoghi corrisponde agli itinerari della sua vita, basta un confronto con l’Epistolario per sovrapporre le località, che combaciano perfettamente».
Ecco che, scrive Zeno, «Io avevo vissuto in piena calma in un fabbricato di cui il pianoterra bruciava e non avevo previsto che prima o poi tutto il fabbricato con me si sarebbe sprofondato nelle fiamme»: esattamente come avvenne a Villa Fausta.
E ancora, per Barbara Sturmar, «L’acqua corrente induce Zeno al raccoglimento e alla “riconciliazione” con la sua vita e la sua malattia, che finalmente Cosini ama e intende. Zeno trascorre il pomeriggio del secondo giorno sulle rive del fiume e l’estrema vicinanza di Villa Fausta al corso d’acqua ribadisce la probabilità che lo scrittore vi abbia dimorato». Il giallo è risolto. —
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