Separazione delle carriere, primo via libera in commissione. Pd, M5s e Avs all’attacco del governo: “Vuole controllare la magistratura”
Dopo la stretta alle intercettazioni, ecco lo sdoppiamento dei ruoli in magistratura. Dalla Commissione Affari costituzionali della Camera arriva il primo sì alla riforma della separazione delle carriere dei magistrati. I parlamentari hanno votato adottando il ddl del governo come testo base, rispetto ad altre proposte di legge depositate i precedenza. A comunicarlo alle agenzie di stampa è stato il presidente della Commissione Nazario Pagano, che è anche relatore della riforma. Il termine per gli emendamenti è stato fissato alle 12 del 23 ottobre.
L’iter in commissione – A favore del ddl del governo come testo base hanno votato tutti i gruppi di maggioranza, ma anche Riccardo Magi, segretario di +Europa. Contrari i parlamentari di Pd e M5s. Erano assenti al momento della votazioni rappresentanti di Alleanza verdi sinistra e di Italia viva. Oltre al ddl Nordio, già ad inizio legislatura erano stati presentate altre proposte di legge da parte di Forza Italia (primo firmatario Antonino Calderone), di Enrico Costa (all’epoca deputato di Azione, ora in Fi), di Italia viva (Roberto Giachetti) e della Lega (Iacopo Morrone). Il loro iter parlamentare era iniziato nel febbraio del 2023, ma si era poi fermato a gennaio di quest’anno in attesa del testo del governo. Che è stato depositato il 13 giugno scorso: a quel punto erano riprese le audizioni di esperti e la discussione generale, che si è conclusa ieri.
“Realizziamo l’obiettivo di Berlusconi” – Esulta la maggioranza, a cominciare dal viceministro della giustizia, Francesco Paolo Sisto: “La riforma must go on. E’ un primo passo fondamentale verso la realizzazione di quella che per noi è la riforma delle riforme nel campo della giustizia”. Licia Ronzulli di Forza Italia ricorda che la separazione delle carriere “è l’obiettivo a cui il presidente Berlusconi ha sempre lavorato”. “Forza Italia va all’incasso sulle intercettazioni e su questa riforma costituzionale dopo aver concesso a Fratelli D’Italia il Premierato e alla Lega l’Autonomia Differenziata, salvo cannoneggiare ogni giorno la sciagurata legge Spacca-Italia contro cui si è attivata anche una straordinaria mobilitazione popolare”, attacca Alfonso Colucci, capogruppo M5S in commissione Affari costituzionale. “In un mondo che va avanti, la maggioranza cerca di riportare indietro le lancette di vent’anni. Già oggi esiste infatti una separazione di fatto delle carriere realizzata dalla riforma Cartabia. Allora perché insistere in battaglie divisive senza occuparsi dei veri problemi della giustizia italiana che ha bisogno di risorse e mezzi?”, protesta il capogruppo dem in commissione Giustizia alla Camera, Federico Gianassi. Secondo Filiberto Zaratti di Alleanza Verdi Sinistra “dietro la proposta di separazione delle carriere c’è un disegno che mira a controllare la magistratura“. Nega tutto Francesco Michelotti, deputato di Fdi e tra i relatori del provvedimento: “La sinistra che parla di tentativo di controllo della magistratura, mente sapendo di mentire. Con la riforma costituzionale, la magistratura giudicante sarà sempre più autonoma e indipendente e si realizzerà una effettiva e sostanziale posizione di parità fra accusa e difesa”.
Cosa prevede la riforma – Storico cavallo di battaglia della destra berlusconiana, la riforma prevede di separare completamente il ruolo del giudice da quello del pubblico ministero. Il ddl prevede lo sdoppiamento del Consiglio superiore della magistratura: gli organi di autogoverno diventeranno due, uno per le toghe giudicanti e uno per quelle requirenti, entrambi presieduti, come ora, dal presidente della Repubblica. Il provvedimento cambia il metodo di elezione in entrambi i Csm: saranno composti interamente da membri selezionati tramite sorteggio. Immutate le proporzioni: i cosiddetti laici, professori e avvocati, restano un terzo del totale, mentre i togati, cioè i magistrati, rimangono i due terzi. La funzione disciplinare nei confronti dei magistrati, invece, passa dal Csm a un nuovo organismo apposito, definito Alta corte disciplinare, composta in gran parte da membri scelti col sorteggio: saranno 15 giudici in totale, sei laici e nove togati. Tra i primi, tre saranno nominati dal presidente della Repubblica, che sceglierà tra i docenti universitari di materie giuridiche e avvocati con almeno vent’anni di esperienza, altri tre estratti a sorte da un elenco di soggetti con gli stessi requisiti. I togati, invece, saranno sei magistrati giudicanti e tre requirenti, estratti a sorte tra gli appartenenti alle due categorie, a patto che abbiano già svolto almeno vent’anni di esercizio, anche nei ranghi della Cassazione.
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