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L’Aquario di Trieste resta chiuso: «Problemi ai filtri e alle vasche»

«Più che complessa, la situazione la definirei tragica, perché senza soluzione a breve termine». L’assessore alla Cultura Giorgio Rossi non nega l’evidenza dei fatti, e sintetizza così quello che ormai si può definire il “caso Aquario”. Già, perché dopo oltre quattro anni di chiusura – il pubblico non può accedervi dal marzo del 2020 – sembra che la questione si complichi ulteriormente.

Risolto quello della caldaia, il vero nodo resta quello della pompa di aspirazione dell’acqua marina, che conduce l’acqua nelle diverse vasche. Al termine del recente collaudo – quello precedente era di un anno fa – nella relazione del 9 ottobre scorso, l’architetto Fabio Radanich indica come i lavori per realizzare quell’impianto siano stati eseguiti correttamente, ma l’impianto non è efficiente: il problema starebbe nella progettazione, a monte quindi.

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Autore del progetto – validato dagli uffici comunali – è l’ingegnere Antonio Masoli con la società Simm srl, mentre a eseguire i lavori sono state la triestina Innocente & Stipanovich e la sacilese Balsamini. Il precedente collaudo (sempre eseguito da Radanich) aveva dato il via libera all’impianto. Che però, una volta messo in funzione, portava nelle vasche acqua non limpida. La presa dell’acqua era stata sistemata diversamente, ma il problema non si è risolto.

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Due le criticità di quel sistema idraulico. La prima è che l’impianto non riesce ad avere la pressione necessaria per distribuire l’acqua in tutte le vasche. La seconda questione è legata ai filtri, che si stanno rivelando inefficienti, visto che lasciano passare scorie e microrganismi che si depositano nelle tubature, proliferando, crescendo, riducendo la sezione di portata e rendendo l’acqua torbida, pericolosa dunque per la fauna ittica.

Così, almeno per ora, nelle mani del Comune c’è un Acquario interessante dal punto di vista estetico, con vasche e rettilari ben progettati, che fanno fare un salto di qualità alla struttura. Ma tutto questo non è funzionante.

Al progetto e al cantiere dell’Acquario ha lavorato uno stuolo di professionisti e di tecnici. Eppure, malgrado i due milioni e mezzo spesi per riqualificare quel museo, “Aquario” resta chiuso.

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L’assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi attende «la relazione degli uffici sull’esito del nuovo collaudo, e poi si faranno delle valutazioni per capire come intervenire per rimettere il museo in funzione». Ma aggiunge: «Chiederemo all’Avvocatura un parere sulle problematiche rilevate dal collaudo, al fine di tutelare l’Amministrazione dai danni che sta subendo».

Lodi anticipa come «su impulso del sindaco si sta valutando di riaprire intanto il rettilario, che di per sé è di estremo interesse». Pitoni, rane, lucertole, vipere, orbettini e altri serpenti sono ospitati al primo piano.

«Questa operazione – così Rossi, che su questo punto è sulla stessa linea della collega Lodi – a mio parere, va cristallizzata, la questione va passata ai legali, voltando pagina e affidando a nuovi professionisti il compito di far funzionare quel sistema di approvvigionamento dell’acqua».

Tra l’altro l’assessore alla Cultura reputa ci sia una questione di «danni emergenti e lucro cessante, perché per mettere a posto quell’impianto serviranno altre risorse, e intanto continuano a mancare gli incassi».

Di fronte a questa situazione, c’è un’unica consolazione: i circa 180 animali rimasti all’interno di vasche e teche vivono più serenamente senza il viavai del pubblico, lo conferma anche un numero più importante di nascite. —

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