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Fenomenologia dei rosso-bruni, che preferiscono Putin e Hamas nel nome dell’anti-americanismo anni ’70

Una vignetta di Vauro, pubblicata in questi giorni, è molto importante perché ci introduce  a un dilemma vero, che non va nascosto né sottovalutato, quello che vivono certi ambienti di sinistra dal giorno del voto americano: rattristarsi o gioire? Il testo della vignetta, grosso modo è questo: “notizie: vuoi che ti dica prima quella buona o quella cattiva?” La risposta è di cominciare dalla cattiva: “ha vinto Trump”. E quella buona? “Ha perso Harris”. 

Con la sua rara capacità di riassumere tutto in poche parole, Vauro ha fotografato con indiscutibile brillantezza un piccolo ma esistente mondo la cui anima politica mi permetto di riassumere così: l’America è solo “male”.

È’ un segmento  pronto a tifare per Hamas, per Hezbollah, per gli ayatollah khomeinisti, per Maduro per Putin, esprimono un pensiero soprattuto contro: contro “l’imperialismo americano”. Così ritengo che nella loro interpretazione del mondo gli altri imperialismi non esistano; quello russo, quello khomeinista, quello di caudillos spesso alleati di narcotrafficanti, non figurano. Personalmente vi scorgo l’espressione più compiuta dell’occidentalismo, che crede di essere tutto, in questo caso l’unico male esistente.

Questa tipologia di sinistra, non so quanto significativa, comunque ha condizionato i mondi che ha toccato, portando una visione che ritengo manichea: da una parte il male, quindi dall’altra il male. Lo vediamo anche in quel pezzetto di pacifismo anti-americanista che c’è , che però, dovremmo ricordarlo, si richiam a qualcosa nato in America, con la grande mobilitazione che a quel tempo ci fu lì contro la guerra in Vietnam. Vedere tutto un mondo con un occhio solo a me risulta sempre fuorviante. 

Questo sentimento profondo, a mio avviso soprattutto occidentalista nel suo anti-occidentalismo, trova nella simpatia per Putin il “richiamo della foresta”, collegandosi con una analoga e opposta simpatia nera e poi confondendo il pacifismo con il diffuso sentimento diffuso in altri ambienti più che filo-russi filo benessere, comunque: il prezzo della guerra qui viene stimato in costi di benessere, cioè delle materie prime e delle ricadute dei loro rincari. Questo sentimento pragmatico e da tenere nel giusto conto è però molto diverso, ma gonfia le vele di due orientamenti che non hanno nulla a che fare con esso, ma sono ideologici e che alcuni sintetizzano in una nuova ideologia, quella rosso-bruna, che ora può accentuarsi verso il rosso, ora verso il bruno. Infatti se ne parla come di una galassia, nella quale ci saranno sfumature o tratti diversi. 

Tutto questo ovviamente mette tra parentesi la questione democratica, che il voto americano per altri osservatori ha posto, ma che è difficile armonizzare con le simpatie per Putin, Maduro e tanti altri prodotti simili di un mondo fratturato. L’illusione di certi ambienti americani,  democratici e poi con i neocon  repubblicani, è stata quella di poter ricomporre questo mondo all’ombra di una democratizzazione americana, cioè basata su quello che ritengono il modello unico di democrazia, quello  individualista, che a molti di noi risulta ovvio ma per altri non lo è. In molti mondi il termine “individuo” non esiste. Occorrerebbe dunque un altro approccio, più “democratico”, che su una base pluralista contemperi nel rispetto della complessità degli aneliti, che vanno sempre riconosciuti,  anche la sostanza e i tempi di altre culture.

Così se oggi alcuni discutono di modello illiberale, la parte di sinistra alla quale facciamo riferimento non può prendere parte alla discussione, avendo scelto, per via del suo definirsi “contro”, interlocutori chiaramente illiberali, per quello che sono e per quello contro cui si proclamano. 

La ricomposizione di questo nostro mondo fratturato ha così ricette di vario ordine e orientamento, soprattutto derivate da una frustrazione evidente e governata oggi da agende populiste, ma non ha risposte da quella che è stata la sinistra, dispersa in campi non soltanto articolati, o diversificati, ma configgenti.

Il bisogno di questi ambienti – forse esigui ma visibili- di essere “contro” si immortala dunque nel dominante anti americanismo, che non conosce gli arabi esausti per la protervia dei loro satrapi, i russi che non digeriscono più il mito della Terza Roma, i latinoamericani che vorrebbero una Patria Grande e non una Grande Dittatura. 

Occidentalisti imbevuti di sacro furore contro se stessi, questi ambienti ai quali, spero rispettosamente nel dissenso, si fa riferimento, non considerano che è stato il mondo a fare l’Occidente, non il contrario. Non è dunque il disfacimento delle sue conquiste lo scopo del mondo, degli altri mondi, ma il progresso verso un sano multilateralismo, fondato sul pluralismo come valore universale. 

La sua bussola per tentare di ricomporre un mondo fratturato o è degli oligarchi oppure  è ancora oggi negli accordi di Helsinki, riassunti a quel tempo in questi dieci punti:

1) Eguaglianza sovrana, rispetto dei diritti inerenti alla  sovranità 

2) Non ricorso alla minaccia o all’uso della forza 

3) Inviolabilità delle frontiere 

4) Integrità territoriale degli stati

5) Risoluzione pacifica delle controversie 

6) Non intervento negli affari interni 

7) Rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, inclusa la libertà di pensiero, coscienza, religione o credo 

8) Eguaglianza dei diritti ed autodeterminazione dei popoli 

9) Cooperazione fra gli stati 

10) Adempimento in buona fede degli obblighi di diritto internazionale. 

Non è un’agenda di sinistra, ma è l’agenda dalla quale, con tutte le novità intervenute, si dovrebbe riaprire un confronto anche nelle sinistre.

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