Sui ‘permessi sindacali’ Meloni fa l’insolente: il governo premia i capitali e non i lavoratori
di Francesca Scoleri
“Sto male ma non avendo particolari diritti sindacali sono a Budapest per il Consiglio europeo a fare il mio lavoro“. Giorgia Meloni confonde la simpatia con l’insolenza gettando disprezzo non solo sullo sciopero generale previsto per il 29 novembre, ma soprattutto per chi , a questa forma di protesta – garantita dalla Costituzione – aderisce. Il livello di strafottenza sfoggiato in ogni sede ed a più riprese, rappresenta il degrado istituzionale a cui buona parte degli italiani sembra non far caso; chi ci fa caso, invece, lo sottolinea ma la quotidianità è molto complicata nell’unico Paese europeo in cui redditi e potere d’acquisto non crescono da 20 anni e il mondo del lavoro è una giungla di contratti che annullano la dignità.
Giorgia Meloni confonde la simpatia con l’insolenza gettando disprezzo non solo sullo sciopero generale previsto per il 29 novembre, ma soprattutto per chi , a questa forma di protesta – garantita dalla Costituzione – aderisce. L’etica dei governanti scivola in basso nell’interesse collettivo, fino a sparire se la prima preoccupazione è garantire un piatto caldo ai figli. Ed anche fra queste righe, qualcuno invita a farci caso, perché se il danno causato al mondo del lavoro è grosso, la beffa è intollerabile.
“La sicurezza sul lavoro è una priorità che questo governo ha posto al centro della sua azione”, diceva poche settimane fa in occasione della Relazione annuale dell’Inail e nessuno fra il pubblico ha potuto contestare il proclama sebbene sussistano fatti oggettivi che dimostrano non solo la mancanza di interesse verso questo tema, ma la volontà di facilitare la vita alle imprese che mettono in pericolo la vita dei lavoratori. Il nuovo codice degli appalti che ha introdotto l’eliminazione del divieto di subappalto a cascata, ne è la prova più evidente; la logica che muove il sistema è il ribasso nei costi, inconciliabile con la sicurezza che finisce per farne le spese.
Ad oggi, dall’inizio dell’anno a fine settembre, 776 decessi sul lavoro e 48mila infortuni al mese e questi dati, rispondono alle menzogne della Meloni più di qualunque discorso d’opposizione. Ma la presidente resta impermeabile ad ogni presa di coscienza quando si tratta di lavoratori dipendenti, tutele e garanzie, sotto il suo governo, sono riservate solo a chi “fa impresa”, “mette il capitale”, “rischia”, crea “posti di lavoro” come il suo mantra recita.
L’onestà di ammettere che, senza milioni di lavoratori, i capitali diventerebbero carta straccia, non ce l’ha e nemmeno la finta sinistra che oggi si dichiara suo oppositore nella veste di Partito Democratico che, in materia di diritti del lavoro, ne esce addirittura peggio. Però basta confondere simpatia con arroganza. Un briciolo di rispetto per un popolo che oggi conta seriamente milioni di giovani senza diritti sindacali.
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