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L’alleato di Trump bin Salman ora condanna Israele: “Basta raid, rispettate la sovranità dell’Iran”. Erdogan: “Boicottiamo Tel Aviv”

Ripartire dagli Accordi di Abramo, promuovere la pace in nome degli affari e riportare così Israele al centro delle dinamiche regionali. Il piano di Donald Trump per la sua pace in Medio Oriente riporta il mondo indietro di quattro anni, quando l’obiettivo della strategia disegnata dal genero Jared Kushner era quello di far avvicinare il mondo arabo e musulmano allo Stato ebraico, rigettando il nemico Iran nell’isolamento. Durante l’amministrazione Biden, però, gli equilibri sono cambiati: a marzo 2023 la Cina è riuscita nell’impresa storica di far riprendere i rapporti diplomatici tra due grandi competitor regionali come l’Arabia Saudita e l’Iran, mentre la mattanza di Gaza ha demolito il frutto dell’intesa voluta proprio da Washington, con l’ambasciatore del Bahrein che ha lasciato Israele, mentre Emirati Arabi e Marocco hanno da subito denunciato i crimini di guerra di Tel Aviv.

Se Donald Trump non se ne fosse accorto, a fargli capire che la situazione è mutata sensibilmente, almeno per ora, ci ha pensato il principe ereditario saudita, Mohammad bin Salman, che in occasione del vertice congiunto della Lega Araba e dell’Organizzazione per la cooperazione islamica a Riyad, ha condannato il “genocidio” di Gaza ed ha chiesto l’immediato cessate il fuoco nella Striscia e in Libano: “Chiediamo alla comunità internazionale di assumersi le proprie responsabilità ponendo immediatamente fine agli attacchi israeliani contro i nostri fratelli in Palestina e in Libano”, ha dichiarato il padrone di casa nel suo discorso di apertura. E ha poi invitato Israele a rispettare la sovranità dell’Iran e ad astenersi dall’attaccare il suo territorio.

Questa postura assunta nei confronti di Teheran è se possibile ancora più indicativa. È il segno che le relazioni tra la monarchia degli al-Saud e la Repubblica Islamica vanno avanti e superano le vecchie ruggini politiche, economiche e religiose, mentre Israele continua nella sua guerra per annientare definitivamente gli ayatollah e tutti i loro alleati mediorientali, da Hamas a Hezbollah, fino agli Houthi e alle milizie filo-iraniane in Siria e Iraq.

Anche da Teheran lanciano un messaggio proprio a Trump, un messaggio più diretto di quello di MBS: “Ci auguriamo che gli Stati Uniti impediscano l’escalation della guerra nella regione e fermino il genocidio del regime sionista a Gaza e in Libano – ha detto il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Esmail Baghaei – Gli statisti americani dovrebbero imparare una lezione dalla situazione attuale. Ciò che è importante è l’approccio dell’amministrazione statunitense sulla regione, sui crimini israeliani a Gaza e in Libano e la sua politica sull’Iran. I Paesi della regione e del mondo monitorano il comportamento della nuova amministrazione e si aspettano che impedisca la continuazione del genocidio e dei crimini israeliani”.

L’autoproclamato grande difensore del popolo palestinese, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, continua con la linea dura e al fianco delle condanne per l’operato di Tel Aviv continua a chiedere un boicottaggio da parte dei Paesi musulmani. “Israele punta a stabilirsi a Gaza e porre fine all’esistenza dei palestinesi in Cisgiordania, sostanzialmente occupando queste zone”, ha detto criticando il sostegno occidentale allo Stato ebraico e invitando il mondo musulmano all’unità contro Israele. Il leader turco ha proposto un blocco commerciale e un embargo sulla vendita di armi lanciando un appello alla comunità internazionale affinché riconosca lo Stato palestinese e criticando la mancanza di unità da parte dei Paesi musulmani. Erdogan ha anche proposto di “isolare Israele nella comunità internazionale” affermando che Ankara è “pronta” per adottare azioni in questa direzione. “Mentre il governo Netanyahu intensifica le tensioni militari contro l’Iran, continua i suoi attacchi al Libano – ha poi concluso – Israele non può tollerare nemmeno che gli aiuti umanitari vengano consegnati a Gaza, da mesi tiene fermo in Egitto il materiale umanitario spedito. L’Occidente ha dato pieno sostegno a Israele, mentre dai paesi musulmani è arrivata una risposta inadeguata, tanto che si è arrivati al punto in cui siamo ora. Dovremmo incoraggiare quanti più paesi possibile a intervenire nel caso presentato dal Sudafrica contro Israele alla Corte internazionale di giustizia”.

Moderato invece l’intervento di un altro Paese che ricopre un ruolo fondamentale nella questione israelo-palestinese, ossia l’Egitto. Lo Stato guidato da Abdel Fattah al-Sisi storicamente ricopre il ruolo di mediatore tra le parti e in quanto tale ha ribadito di aver “assunto la responsabilità di avviare il cammino della pace nella regione decenni fa e che ha perseverato nel proteggerla, anche di fronte a numerose sfide, rimane fermo nel suo impegno verso la pace come imperativo strategico e unica via percorribile per il futuro”. La posizione dell’Egitto traspare comunque dalle dichiarazioni del presidente che specifica come Il Cairo “è pienamente impegnato a fornire assistenza ai fratelli in Libano, a sostegno delle istituzioni dello Stato libanese, in primis dell’esercito libanese, e nel tentativo di porre fine all’atroce aggressione e distruzione a cui è sottoposto il fratello popolo libanese”.

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