Rafael Nadal si ritira: le 5 partite simbolo della sua tenacia, la cifra di una carriera leggendaria
L’ultimo atto è andato in scena, il sipario si è definitivamente chiuso. L’apoteosi e l’emozione hanno avvolto il Martin Carpena di Malaga, per il saluto a uno dei più grandi giocatori della storia del tennis. Dopo l’annuncio di un mese fa, Rafael Nadal è arrivato alla fine della corsa, con questa ultima partita disputata di fronte al proprio pubblico, per la Coppa Davis. La manifestazione che esattamente 20 anni fa lo aveva lanciato definitivamente, con il successo a 18 anni contro l’allora numero 2 del mondo Andy Roddick, che aveva regalato la seconda Insalatiera alla Spagna. Una carriera leggendaria, dove si sono accumulate pagine memorabili, rivalità irripetibili, numeri destinati a rimanere imbattibili. Tutto annodato da un unico comune denominatore: la tenacia. Una caratteristica che Nadal è stato capace di portare a un livello mai raggiunto prima da nessuno, diventando la sua cifra tennistica. E qui ripercorriamo cinque partite dove questa dote ha raggiunto il suo apice.
Internazionali d’Italia 2006, finale
Una partita che rappresenta una delle pietre miliari della carriera di Nadal. La miglior versione di Federer nella storia contro il già dominatore della terra rossa, nel pieno delle sue 81 partite vinte di fila sul rosso. Cinque set per cinque ore e sei minuti di puro spettacolo. Un equilibrio totale fatto di sorpasso e controsorpassi, e che pare essere ad una svolta sul 5-6, 15-40 del set decisivo, servizio per lo spagnolo. Due match-point per Federer. Nadal li annulla entrambi, si spinge al tie–break, anche qui va sotto per 5-3, rimonta nuovamente; e alla prima occasione buona con il diritto accelera, costringe Federer a una difesa difficile, il recupero finisce lungo, inchioda il risultato sul 6-7(0) 7-6(5) 6-4 2-6 7-6(5). Nadal osserva la sfera, si sdraia sulla terra, mentre tutto intorno il Foro Italico si alza in piedi per onorare uno spettacolo che non aveva mai visto prima.
Wimbledon 2008, finale
Sono le 21.15 di sera. Nadal è ancora una volta sdraiato sul terreno di gioco. Questa volta però non è la terra di Roma, ma l’erba di Wimbledon. Roger Federer ha appena messo in rete il diritto che ha chiuso un capitolo e ne ha aperto uno nuovo. Il punto che ha messo la parola fine alla partita più bella della storia del tennis. Nadal sfonda il muro di Wimbledon, trionfa ai Championships nel giardino dello svizzero; e lo fa al termine di una finale che sembrava prima vinto e poi persa. In vantaggio due set a zero, lo spagnolo subisce la rimonta di Federer, che si rifiuta di perdere. Nel tie-break del quarto parziale va avanti di due mini-break, li perde; ha due match point, se li vede annullare (il secondo con un passante di rovescio dello svizzero da capogiro) e viene costretto al quinto set. L’inerzia è tutta dalla parte di Federer. Nessuno a quel punto è pronto a scommettere sulla vittoria del maiorchino. E invece Nadal capovolge tutto ancora una volta, e sul calar della sera, dopo varie interruzioni per la pioggia, attua la sua rivoluzione, 6-4 6-4 6-7 6-7 9-7.
Roland Garros 2013, semifinale
L’indice della mano indica la rete che un’istante prima Novak Djokovic ha toccato goffamente. Il punto del serbo va a Nadal. Un’immagine diventata iconica, che diventa il simbolo del rifiuto della resa e della sconfitta. Siamo nel quinto set della semifinale del Roland Garros e lo spagnolo sta perdendo. Un 4-2 per il serbo figlio di un’altalena di colpi incredibili, rimonte, contro–rimonte, scambi prolungati. Nadal sembra sul punto di vincere in quattro set, con il break sul 6-5. E invece si fa rimontare, trascinare al set decisivo, superare con il break di Djokovic a inizio quinto. È sul punto di cadere, poi però ritrova il ritmo giusto, la voglia di provarci fino alla fine, e proprio alla fine arriva quell’episodio che cambia tutto, capovolge gli equilibri. L’invasione di campo di Djokovic è il preludio al contro-break del maiorchino, della riscossa definitiva dello spagnolo e del crollo mentale di Nole.
Australian Open 2022, finale
È il capolavoro della carriera di Nadal. La tenacia e la resilienza portate all’estremo. Una partita che oggi come allora in molti fa sorgere una domanda spontanea: come è stato possibile? A 35 anni e dopo sei mesi di stop per infortunio, lo spagnolo rimonta da due set a zero (e 2-3 0-40 per Daniil Medvedev nel terzo) tornando a trionfare all’Australian Open 13 anni dopo l’ultima volta. Un’autentica risurrezione sportiva. Nel quinto set Nadal subisce anche il contro-break quando è chiamato a chiudere per il titolo. Chiunque crollerebbe psicologicamente, ma non lui. Lui nel game successivo si riprende subito il break di vantaggio, si guadagna un’altra chance per chiudere. Tutto come se niente fosse. Un manifesto della mentalità nadaliana della durata di cinque ore e 24 minuti, terminato 2-6, 6-7, 6-4, 6-4, 7-5. Si tratta anche della prima rimonta da 0-2 in finale agli Australian Open nell’Era Open.
Wimbledon 2022, quarti di finale
Un uomo sta gesticolando sugli spalti. Chiede al giocatore in campo sul Centrale di Wimbledon di ritirarsi, mollare, di non peggiorare la situazione di un infortunio che ha iniziato a farsi sentire fino dal primo set. L’uomo si chiama Sebastian, è il padre del giocatore, Rafael Nadal. Siamo ai quarti di finale dei Championships e lo spagnolo ha appena iniziato ad affrontare Taylor Fritz quando comincia a sentire dolore all’addome. Non riesco quasi a servire, fatica a muoversi, eppure rimane in campo, rifiuta il dolore, ripudia la sconfitta. Dall’altra parte invece lo statunitense non approfitta fino in fondo della situazione, nemmeno quando va avanti per 1-0 e poi 2-1. Nadal stringe i denti e recupera due volte il punteggio, entra sotto la pelle di un Fritz sempre più titubante di fronte a tanta determinazione. E alla fine è lo spagnolo a vincere vince al super tie-break del quinto set per 3-6 7-5 3-6 7-5 7-6(4), collezionando l’ennesima impresa contro tutto e tutti, in primis il suo fisico e i consigli del proprio angolo. Sarà però anche lo sforzo definitivo. Ormai non c’è più spazio per rimettere in sesto la situazione. Da adesso in poi, sarà una discesa inesorabile, fino alla Coppa Davis 2024.
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