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Il medico di famiglia con duemila pazienti: «Il segreto è l’organizzazione»

Il telefono continua a squillare, lo schermo dello smartphone s’illumina per le notifiche. Prima Giada che chiama perché ha la febbre. Poi Marco che da qualche giorno ha delle bolle sulla nuca. Quindi Laura che avverte un nodulo al seno e viene invitata a visita già l’indomani.

«Tutti i giorni, dal lunedì al venerdì la mia tabella di marcia è serrata. Dieci ore al giorno al fianco dei miei pazienti che, negli ultimi quattro anni, sono aumentati in maniera significativa. Prima erano 1.600 oggi sono quasi 2.000, ben quattrocento in più».

Una crescita esponenziale, che fa del dottor Bruno Di Daniel, medico di famiglia a Maserada da trentacinque anni, un super massimalista tra coloro che seguono il maggior numero di utenti in provincia.

Una situazione che richiede organizzazione minuziosa, tempi di reazione rapidi, esperienza clinica nel saper valutare ogni caso e dare la corretta priorità, ma anche empatia e disponibilità al dialogo, poiché la cura richiede ascolto.

Dottor Di Daniel, com’è la sua giornata tipo?

«Dalle 9 alle 14 i pazienti vengono ricevuti in ambulatorio. Trascorse queste cinque ore è la volta dei consulti telefonici. Nel pomeriggio faccio visita ai pazienti in casa di riposo per altre quattro ore. Finito il giro, a fine giornata riprendo a preparare i certificati. Quelli per malattia o per patologie acute devono essere garantiti immediatamente, per gli altri, servirà un po’ più di tempo per la risposta».

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Dal punto di vista medico, qual è l’impatto dell’exploit di pazienti sulla sua professione?

«Ahimè si restringe il bacino di colleghi presenti a livello locale e quindi per chi resta cresce il numero di pazienti da seguire. Di pari passo, aumentano anche le liste d’attesa e, a volte, i tempi di risposta con qualche lamentela da parte degli assistiti.

Per le situazioni non urgenti si va in differita, e si può arrivare anche ad una quindicina di giorni prima della visita nei periodi di maggiore pressione.

Serve un po’ di pazienza, perché, per prima cosa, dobbiamo dare priorità alle urgenze giornaliere e alle patologie più a rischio. Noi medici ce la mettiamo tutta per essere veloci, ma allo stesso tempo dobbiamo fare bene il nostro lavoro. Quando si parla di salute, non possiamo avere un approccio da fast-food».

Che tipo di supporti vengono dati per agevolare il lavoro dei medici di famiglia?

«Sopra i 1.800 assistiti c’è la possibilità di avere un infermiere in studio. Molto importante è anche la figura della segretaria che deve essere adeguatamente formata perché è lei a compiere una sorta di triage al momento della telefonata del paziente in ambulatorio. Se il problema è urgente al paziente viene fissato l’appuntamento per la visita in tempi brevi, se si tratta della richiesta di una ricetta ripetibile o la prescrizione di un esame indicato da altro specialista, viene preso nota e si provvede nei tempi previsti».

La sua esperienza di medico di famiglia si abbina al ruolo di componente del Comitato didattico scientifico della Scuola di formazione in medicina generale della Regione Veneto. Quali difficoltà incontrano i giovani colleghi che si affacciano alla professione?

«I medici che si avvicinano alla professione già durante la formazione hanno la possibilità di fare esperienza ed essere sostenuti da un tutor di riferimento. Resta il fatto che un giovane medico vive la difficoltà più grande perché deve prima di tutto conoscere i suoi numerosi pazienti da zero e non è facile».

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