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Le mani nel fango, il cuore in ascolto: Maria volontaria a vent’anni in Emilia Romagna

La disperazione, la rabbia, il senso di impotenza vissuti dalle popolazioni che in Emilia Romagna si sono viste distruggere tutto nell’arco di poche ore da un’ondata paurosa di maltempo, dall’acqua che ha raggiunto ogni cosa, non sono state emozioni facili da guardare in volto, da abbracciare e da consolare. La fatica fisica, anche quella non è stata facile da sopportare. In quell’onda di desolazione c’era anche Maria Meneguzzi, una volontaria di 20 anni appartenente al gruppo comunale di Protezione civile di San Quirino, che ha scelto di esserci per incontrare e conoscere quella disperazione e cercare in qualche modo di essere utile.

La sua è una testimonianza per tutti, ma soprattutto per i suoi coetanei ai quali, dice, «consiglio di cuore di spendersi per gli altri, magari con indosso la divisa della Protezione civile, a me molto cara». Maria era l’unica donna volontaria del terzo contingente friulano partito da Palmanova mercoledì 23 ottobre per dare il cambio al primo turno, in assetto di movimentazione dei fanghi depositati e pulizia dei locali alluvionati nelle zone di Zola Pedrosa-Anzola, della città di Bologna. Per la giovane sanquirinese era la prima volta nel cuore di un’emergenza.

Maria considera la Protezione civile la sua seconda famiglia, essendo figlia di Carlo Meneguzzi, che è stato per dieci anni alla guida del gruppo comunale, e di una ex volontaria. Con lei, inoltre, nel gruppo c’è anche il fratello maggiore. La giovane lavora di giorno e studia di sera e trova anche il tempo per il volontariato. «Sin da piccola ho respirato aria di Protezione civile – racconta – quando io ero la mascotte del gruppo. A 16 anni mi sono iscritta e ho cominciato a partecipare alle manifestazioni, quindi al compimento dei 18 anni ho potuto anche prendere parte alle esercitazioni operative. Da tempo desideravo rendermi utile nelle emergenze, ma per mio padre ero ancora troppo giovane. Poi c’è stato il caso dell’Emilia e il momento è arrivato».

Assieme a Maria, da San Quirino è partito anche il capogruppo Luciano Trevisan, che di emergenze in tanti anni in Protezione civile ne ha vissute molte.

Sono stati cinque giorni, sino a domenica 27 ottobre, trascorsi ogni giorno dall’alba al calare del buio tra l’acqua e il fango in un condominio, in aiuto alle famiglie. «Ho visto Maria molto presa e determinata – dice Trevisan – instancabile, nonostante la giovanissima età. Abbiamo svuotato una quindicina di cantine, illuminati dalle sole pile. Lavoravamo tra la puzza di marcio e nel fango, sotto il quale non sai mai cosa puoi trovare. In quel condominio del contingente friulano siamo stati in tre ad operare, io Maria e Max. Lei, che è minuta, ha tirato fuori la forza di un leone nello spostare mobili, divani inzuppati, oggetti di ogni tipo».

Ma ha anche consolato i proprietari che cercavano di salvare quanto più possibile della loro vita, come quando una signora è crollata nel pianto di fronte ad una lettera del padre defunto persa per sempre a causa dell’acqua. «Ho cercato di confortarla con quel poco che so fare», racconta Maria, eppure il suo “poco” per quella donna ha significato molto, come dice lei stessa in un messaggio inviato alla ragazza: «In mezzo a tutta questa situazione, il dono più grande è stato quello di avere incontrato voi, sono veramente grata al Signore perché il conoscere te, Luciano e Max mi ha fatto ricredere sulle persone».

«A distanza di un mese – osserva oggi la giovane sanquirinese – sto ancora cercando di realizzare quanto ho vissuto. Quando sono arrivata in quei luoghi ho provato smarrimento, non mi aspettato ciò che vedevano i miei occhi. Poi è stata energia pura, un profondo desiderio di essere d’aiuto che mi ha permesso di non sentire la stanchezza. Ciò che mi porto nel cuore sono i tanti messaggi di gratitudine che ci sono arrivati».

Il grazie ai volontari della Protezione civile arriva anche dall’assessore comunale di San Quirino, Paolo Allegretto, «per essere sempre disponibili ad andare ad aiutare le persone, portando con onore il nome del nostro paese dappertutto» dice. E aggiunge: «Volontari che sono testimoni anche dell’affetto che ricevono in qualsiasi posto: desidero davvero che la testimonianza di Maria serva a trasmettere l’entusiasmo che ho riscontrato in lei al suo rientro a casa ad altre persone, affinché queste possano decidersi per la Protezione civile che è sempre alla ricerca di nuovi volontari». Dall’incontro con quei luoghi e con quelle popolazioni, Maria si è portata a casa un’altra ondata, buona e costruttiva. È l’onda lunga della gratitudine, che oggi la porta a dire: «Se ci sarà di nuovo bisogno di me, io ci sarò nuovamente. Senza ombra di dubbio».

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