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L’altra faccia della violenza sulle donne: «Anche i figli sono vittime, crescono con diversi traumi»

Vittime di femminicidio non sono soltanto le donne la cui vita è stata spezzata da un uomo, magari marito o ex compagno. Lo sono anche i figli della coppia, spettatori di relazioni malate e spesso dimenticati. Bimbi e ragazzi che hanno assorbito per anni un clima di intimidazioni e violenze in casa e che, in un colpo solo, si ritrovano senza entrambe le figure di riferimento: devono affrontare la morte della mamma e l’assenza del padre, che finisce in carcere o si toglie la vita. Con conseguenze devastanti sulla crescita. Ne abbiamo parlato con la neuropsichiatra e psicoterapeuta Silvana Cremaschi in occasione del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Dottoressa, quali risvolti hanno sui minori le violenze intrafamiliari?

«Ci si sofferma ancora troppo poco sugli effetti che la violenza assistita ha sui minori. L’esperienza di qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto con violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o comunque significative ha per il bambino conseguenze sconvolgenti. E nel caso di un’aggressione mortale, oltre al dolore per la perdita di un genitore, devono misurarsi con problematiche materiali, emotive, sociali e giudiziarie».

Traumi che si riflettano nello sviluppo psicofisico e relazionale...

«È a rischio la salute psicofisica dei bambini sia nel caso in cui subiscano maltrattamenti, sia che vi assistano. Problemi come deficit di accrescimento e ritardi nello sviluppo psicomotorio. Ma danni fisici per le lesioni subite nel tentativo di difendere la madre. A risentirne è pure lo sviluppo cognitivo, con effetti negativi sull’autostima e sull’incapacità di comprendere i meccanismi di causa/effetto per l’imprevedibilità delle esperienze, il benessere psichico ed emotivo, la socializzazione, impedendo di sviluppare l’empatia e di mantenere relazioni sociali».

Gli effetti si differenziano in base all’età dei minori?

«Sì, certamente. Le conseguenze dei maltrattamenti sono connesse all’età dell’insorgenza, ma anche alla frequenza. I bimbi che subiscono episodi di violenza gravi e ripetuti presentano maggiori problemi nello sviluppo psicofisico e nella strutturazione della personalità, aumentando la percezione di non essere protetti e perdendo la fiducia negli adulti. In età scolare potrebbero avere comportamenti adultizzati, di protezione verso la madre maltrattata, magari attirando l’ira del padre. Come anche compiacenti e prendere le parti del padre, per un clima il più possibile vivibile. Ma mantengono uno stato generale di allerta e angoscia, dettato dall’incertezza, faticando ad esempio a prendere sonno. Gli adolescenti interiorizzano un modello di genere disfunzionale: i ragazzi imparano che nell’affettività la violenza è permessa, le ragazze possono considerare normale una relazione opprimente o abusiva».

Un circolo vizioso...

«Per questo è importante segnalare subito una violenza, se si è testimoni diretti o indiretti, agli sportelli anti-violenza, o chiamando il numero nazionale 1522 o alle forze dell’ordine. Si deve fare attenzione a lividi, comportamenti sfuggenti e segni rilevatori sul bimbo».

La situazione in Italia?

«Nel 2023 sono stati più di 5 mila i minori conviventi coinvolti in episodi di violenza sulle donne censiti come presunte violenze domestiche o di genere dalle forze dell’ordine. 118 i femminicidi, di cui 98 in ambito familiare o domestico, e 417 gli orfani, in base a dati del 31 ottobre 2023».

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