Alec Baldwin al Torino Film Festival, imita De Niro e annuncia che non vestirà più i panni di Trump.
“Ho scelto di far vedere questo film (Caccia a ottobre rosso ndr) qui a Torino non perché ero giovane e snello, ma per il cast”. Alec Baldwin è un tizio simpatico. Punto. Una superstar hollywoodiana che arriva al 42esimo Torino Film Festival (da quando lo dirige Giulio Base, con l’aiuto della moglie Tiziana Rocca, è oramai Hollywood sul Po) e si mette a fare un’imitazione da far sbellicare di Robert De Niro con i tempi dilatati e l’eloquio sintetico quasi nullo di Bob regista – il ricordo è al set del film The Good Shepard.
Baldwin è anche uno che arriva sul bordo del red carpet (da quest’anno a Torino c’è un lungo tappeto rosso con una quantità di fotografi che nemmeno al SuperBowl) agghindato come a un matrimonio e quando vede il direttore chiede dov’è la toilette, per poi rimanerci quattro interminabili minuti. Avviso ai naviganti: Baldwin conferma che non vestirà più i panni di Trump. Ci penserà James Austin Johnson. Peccato. Alec era molto bravo. Altro che le parrucche di Crozza. Baldwin è uno che sa scavare con graffio feroce nelle reali idiosincrasie dei potenti, sia della politica che dello spettacolo. Senza fare politica, ma solo per il gusto di sfottere. Altro dato. Baldwin sembra affrontare i temi che i giornalisti si aspettano per un titolo da prima pagina con una seria disinvoltura che non si inquadra perfettamente negli schemi bianco-nero della propaganda politica attuale. Prendi l’entusiasmo per un indie movie come The Substance, il film “femminista” di Coralie Fargeat che probabilmente correrà per qualche Oscar. “L’ho visto altra sera. Un film straordinario, Demi Moore è stata molto coraggiosa. Quando vedo film così mi convinco sempre più che abbiamo bisogno più che mai di registe, molto spesso nell’industria cinematografica ci sono stati a capo uomini che si fidavano solo di altri uomini”.
E che gli stai a dire? Dei rumors anche su di lui di qualche tempo fa? Ancora. Qualcuno gli chiede dei tempi che corriamo, con attrici che fuggono dagli Stati Uniti dopo la vittoria di Trump. E lui: “Le notizie televisive negli Stati Uniti sono un business. Devono fare soldi. C’è un buco. C’è un vuoto. C’è una lacuna, se vogliamo, nelle informazioni per gli americani. I miei concittadini sono molto disinformati sulla realtà, su cosa sta realmente succedendo. Con il cambiamento climatico, l’Ucraina, Israele… Su tutti i più grandi argomenti del mondo, gli americani hanno fame di un po’ di informazione”. Tempo di inquadrare il senso della risposta (ce l’ha con la Fox o con il NYT?) Baldwin ti piazza un prosieguo da ko: “Quel vuoto è riempito dall’industria cinematografica. Non solo dall’industria cinematografica indipendente, non solo dall’industria cinematografica documentaristica, che sono molto importanti in tutto il mondo. Ma anche dai film narrativi. Dove i registi e gli acquirenti, gli studi, le reti e gli streamer sono disposti ad andare in quella direzione. Sono disposti a provarci”.
Un solo divieto, una sola richiesta da chi gestisce l’incontro con il divo 66enne: dell’incidente sul set di “Rust” con la morte accidentale della direttrice della fotografia Halyna Hutchins sarebbe meglio non parlarne. “Sono stati anni difficili – spiega comunque – meno male che mi è stata vicina la mia famiglia”. Sette figli, come un antico patriarca, e il fastidio che attorno siano ronzati i nuovi avvoltoi: la stampa web. “Sono come i tabloid cartacei. Prima pubblicano senza verificare, poi correggono. Intanto è passata una notizia errata o infondata che rimane lì per un bel po’. Un altro esempio: nelle interviste scritte non riescono a far trapelare l’ironia dell’intervistato (e Baldwin ne ha parecchia ndr)”. P
Poi quando qualcuno torna a chiedere di Trump, Baldwin la chiude lì: “Ci sono molte sfide nel nostro paese da affrontare. L’ambiente, il problema della plastica, del permafrost: ci sono molecole di plastica in ogni angolo del pianeta. Questi sono i veri problemi da risolvere. Sarà necessario che ogni edificio abbia una componente di energia alternativa. Ogni ospedale, scuola, aeroporto ed edificio governativo dovrà avere pannelli fotovoltaici sul tetto. Dobbiamo obbligare gli stati a lavorare su fonti di energia alternative. Ma non ci libereremo mai di petrolio e gas. Riesci a immaginare un’ambulanza o un’auto dei vigili del fuoco che funziona a elettricità e deve essere rifornita in una stazione di ricarica?”. Insomma, un colpo al cerchio e uno alla botte. O meglio ancora: sano e logico pragmatismo. Anche se poi è ancora lo stupore di essere finito tra gli alti picchi dello star system a fargli venire un po’ di mal di mare: “Che cast miracoloso c’era in Caccia ad ottobre rosso! Sean Connery, Scott Glenn, Sam Neill…”. Baldwin si ammutolisce e cerca di ricordare. Agguanta lo smartphone e via di Google. Torino Film Festival 42 e anche questo.
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