I nodi del nuovo ospedale di Pordenone: il trasferimento dei primi reparti può slittare a febbraio
Sale la preoccupazione legata al trasferimento dei reparti dal vecchio al nuovo ospedale. L’avvio del piano in questi mesi ha subito diversi posticipi e, a oggi, anche attorno all’ipotesi di partire col trasloco delle medicine dopo le festività natalizie sembrano ruotare diversi punti interrogativi. Tra i corridoi dell’attuale ospedale, osservando l’andamento dei collaudi, si sta diffondendo la voce che i trasferimenti non partiranno prima di febbraio, timore raccolto anche dal segretario generale della Uil-Fpl Stefano Bressan, che condivide la preoccupazione dei lavoratori.
L’auspicio di tutti è che le voci rimangano tali e che si possa avviare il piano, come da programma, dopo le festività. Intanto proseguono i preparativi in vista dell’inaugurazione che, salvo sorprese, resta confermata per il 16 dicembre. «Apprendiamo le voci di corridoio che parlerebbero di ulteriori ritardi sui trasferimenti – ha detto Bressan –. Il piano è già stato oggetto di diversi posticipi, pertanto, confidiamo che non si vada oltre metà gennaio».
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Al netto delle preoccupazioni che si stanno diffondendo, a oggi il programma resta il seguente: come detto, il primo reparto a essere trasferito, intorno a metà gennaio, sarà la medicina interna, seguita da pronto soccorso, radiologia d’urgenza, medicina d’urgenza, spogliatoio, magazzini, lavanolo e pulizie. La seconda fase prevederà il trasloco, entro febbraio del prossimo anno, di terapie intensive, blocco operatorio, recovery room, reparti chirurgici, day hospital chirurgico, polo endoscopico e senologia. Entro aprile troveranno spazio nella nuova struttura la cardiologia, unità di terapia intensiva cardiologica, day hospital medico, emodinamica, dialisi, nefrologia e pneumologia. A fine giugno sarà la volta di Cup, piastra ambulatoriale, portineria, front office, sala conferenze, luogo di culto, materno-infantile, medicina nucleare, oncologia, centrale di sterilizzazione e laboratori manutentivi.
Altro fattore col quale l’azienda sanitaria è chiamata a confrontarsi è quello della carenza di personale. Secondo i dati elaborati dalla Uil-Fpl, nell’ambito Asfo mancano circa 100 medici, 250 infermieri, 100 operatori sociosanitari e altrettanto personale tecnico e amministrativo. «Per non parlare della crisi che ci troveremo ad affrontare tra un paio d’anni – conclude Bressan –. Entro il 2026, tra il personale che andrà in quiescenza e le dimissioni volontarie, è prevista la perdita di ulteriori 350 figure. A questo si aggiunge il calo dei giovani che scelgono di intraprendere gli studi di infermieristica. Basti pensare che non si riescono più a riempire le classi nelle università, occupate solo per il 75% della capienza massima».