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Il costo troppo alto del CSM

Nonostante i tagli agli enti statali, ce n’è uno che continua a veder crescere i propri fondi. È il Consiglio superiore della magistratura, che anche nel 2024 ha ottenuto da parte del ministero della Giustizia oltre 34 milioni di euro. Risorse ingentissime se si confrontano con quelle stanziate in Francia e Belgio per organi che hanno le stesse funzioni.


Tagli. Risparmi. Contenimenti della spesa. Tempi decisamente magri, per i bilanci pubblici. Eppure, in Italia, c’è un ente dello Stato che riceve tanti soldi da non sapere (quasi) come impiegarli. L’anomala fortuna tocca al Consiglio superiore della magistratura, l’organo costituzionale che governa vita e carriere degli oltre novemila magistrati italiani. Dal 2020, all’inizio di ogni anno, il Csm ottiene dal ministero della Giustizia la bellezza di 32,5 milioni di euro. La dotazione, confermata anche per il 2024, in passato era perfino superiore: nel 2016 andava oltre i 34,4 milioni e superava i 36 nel 2014. Risultato? Da tempo immemorabile, alla fine di ogni esercizio, il Csm riesce a mettere da parte avanzi di gestione variabili in genere tra i 7 e i 10 milioni, che poi sposta all’attivo nella contabilità dell’anno successivo.

Lo stanziamento a favore del Csm, a quanto pare, non verrà limato nemmeno nel triennio 2024-26, e questo malgrado la scarsità di risorse abbia imposto tagli notevoli al bilancio complessivo del ministero della Giustizia, destinato ad arretrare dagli 11.268 milioni di euro di quest’anno a 10.284 nel 2026. Eppure, nel 2020 il Csm ha registrato un avanzo di gestione di quasi 16 milioni, più altri 16 nel 2021, e poi ancora 13 nel 2022 e quasi 9 nel 2023. Nel bilancio preventivo di quest’anno, si prevedono 10 milioni di avanzo (il totale complessivo dell’attivo tocca così i 42,3 milioni di euro). E non si pensi che mancate spese e giacenze di cassa siano inevitabilmente indice di efficienza o di virtù gestionali.

Per capirlo, basta un veloce confronto con i due soli organi di autocontrollo della magistratura che in Europa, alla pari del nostro Csm, devono occuparsi sia di giudici sia di pubblici ministeri. Rispetto al Csm di Roma, il Conseil supérieur de la magistrature della Francia e il Conseil supérieur de la justice del Belgio hanno bilanci inferiori, rispettivamente, di dieci e di sette volte. I Csm di Parigi e Bruxelles, però, hanno appena 21 e 44 dipendenti, mentre quello italiano ha un organico tecnico di ben 243 addetti. A questi vanno sommati i 30 magistrati che lavorano come segretari-collaboratori dei 30 consiglieri eletti (dieci membri «laici» eletti dal Parlamento e 20 magistrati). Risultato? Dal 2020 al 2023 la spesa principale, quella relativa alla voce «spese per stipendi e altri assegni al personale in servizio», è cresciuta da 22,6 a 26,6 milioni di euro. E nel bilancio preventivo 2024 è previsto un nuovo aumento a quasi 27,9 milioni. A comporre la cifra contribuiscono alcune voci «secondarie», come i 900 mila euro di straordinari, i 300 mila euro in buoni pasto, il milione e 230 mila euro di indennità per i magistrati addetti alla segreteria, e un altro milione e 250 mila euro in previdenza complementare.

Da soli, gli emolumenti dei 30 consiglieri elettivi del Csm, nel bilancio 2023, pesavano per 7 milioni di euro. La cifra comprende l’intera retribuzione dei dieci consiglieri «laici», cioè quelli eletti dal Parlamento, ma soltanto una quota dei compensi per gli altri 20 membri «togati», i magistrati eletti dalle correnti, che per il resto sono stipendiati dal ministero della Giustizia. Nel 2024 i 7 milioni degli emolumenti dovrebbero calare a 5,9 grazie alla riforma Cartabia, che ha imposto un tetto di 240 mila euro lordi a testa. Nel 2023, inoltre, è stata finalmente fatta piazza pulita di un’intricata giungla d’indennità: prima c’erano gettoni per ogni seduta del plenum e delle varie commissioni, nonché gettoni per «incarichi speciali» e per le missioni all’estero, perfino per gli incontri con delegazioni straniere. Per non parlare dei rimborsi spese pagati ai consiglieri non residenti a Roma per alloggio, vitto e sosta dell’auto: un anno fa, a questi rimborsi, il Csm ha posto un tetto di quattromila euro. Ma intanto il bilancio 2024 indica una spesa per servizi di biglietteria (trasporti), albergo e catering che resta identico a quello del 2023: 770 mila euro.

C’è chi è convinto che tanta anomala abbondanza di mezzi non sia fine a se stessa. Giuseppe Di Federico, il grande giurista bolognese che da sempre è tra i massimi critici dello strapotere della magistratura e dell’esondazione dei compiti del Csm (di cui è stato membro laico tra il 2002 e il 2006), è convinto che «le dotazioni di personale e di risorse finanziarie del Csm, nettamente superiori alle sue esigenze» siano state e siano «funzionali alla progressiva espansione dei suoi compiti». Di Federico motiva questa tesi sottolineando anche alcune incongruenze nella fin troppo generosa dotazione del Csm: «Nel 2012», ricorda, «il compito di effettuare la formazione dei magistrati venne affidato alla Scuola superiore della magistratura». Nonostante quel costoso compito fosse venuto meno, però, il giurista nota che «la dotazione finanziaria annuale del Csm non fu diminuita: rimase la stessa, cioè circa 35 milioni di euro, anche per gli anni successivi». Di Federico, insomma, è certo che sia stato proprio grazie all’eccesso di risorse se il Csm ha potuto creare «nuovi organismi e servizi, costosi, che gli hanno consentito di ampliare la governance dell’apparato giudiziario e di consolidare il ruolo di garante della funzionalità degli uffici giudiziari, assorbendo parte dei poteri che la Costituzione assegna al ministro, come quelli riguardanti l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia».
Quali che siano i motivi, resta il fatto che l’eccesso di dotazione non ha alcun senso. L’unico atto ragionevole, da questo punto di vista, risale al settembre 2017, all’epoca del vicepresidente Giovanni Legnini, quando il plenum del Csm restituì al bilancio dello Stato 20 milioni risparmiati nel corso degli anni, «con il fine di destinarli al sostegno degli uffici giudiziari in difficoltà» dopo il terremoto che aveva appena colpito Abruzzo e Marche. È rimasto un caso unico.

Un’irridente, vecchia battuta, in voga soprattutto tra gli avvocati, sostiene che la sigla Csm non stia per Consiglio superiore della magistratura, bensì per Cieco, sordo e muto: la battuta, ovviamente, critica la scarsissima attività disciplinare esercitata dal Csm nei confronti di pubblici ministeri e giudici. A ben vedere, però, la sigla potrebbe avere anche un altro significato: Costa sempre molto. Sì, decisamente troppo.

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