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Conte a Bologna incassa il bis del voto tra sogni di gloria e incubi statutari: la clausola di Grillo? Feudale. Ma intanto…

Della serie non sappiamo più a quale santo votarci, quello che si palesa oggi ai media è un Giuseppe Conte in bilico tra l’onirico e l’astrologico. Un leader politico che, da una parte, intervenendo agli Stati generali della ripartenza di scena a Bologna alla domanda: «Ha sognato Grillo?», replica: «È da diversi anni, da quando sono uscito dalla fase adolescenziale, che non ricordo più i sogni al risveglio». E dall’altra, in veste di presidente del Movimento 5 stelle, tra congiunzione astrale e opposizione al governo, rilancia dal pulpito: «La funzione del Movimento 5 stelle è quella di rappresentare il voto di opinione, delle battaglie. Serviamo al sistema per perseguire questi obiettivi».

Conte a Bologna, una ripartenza claudicante…

Difficile seguirlo sul campo della logica politica e, più che mai, sul fronte della chiarezza d’intenti programmatici. Fatto sta che al culmine della sua criptica intelligibilità, dal pulpito bolognese il leader in cerca di voti e consensi interni, sulla diatriba intestina in corso in seno al Movimento dopo il duello al vertice tra leader e garante, prova a dire: «Abbiamo già votato, ma accetto il ri-voto» sui quesiti della Costituente del M5s chiesto da Beppe Grillo.

Tra sogni di gloria e incubi grillini

Già, perché quando ancora non avevano finito per cantare vittoria, fedelissimi di Conte e iscritti di larghe vedute hanno dovuto fare un passo di lato. Il garante, esautorato non ha voluto incalzare sul responso del voto degli iscritti e alla richiesta di un ritorno all’urna digitale, Conte non ha potuto che replicare secco: «Ho le competenze per dire che quella clausola che consente al garante di dire che si deve rivotare è in odore di incostituzionalità. L’ho definita una clausola feudale. La potevo mettere sul piano legale, ma oggi non faccio l’avvocato, oggi guido un movimento e ho la responsabilità di tenerlo unito e traghettarlo nel futuro». Pertanto ha concluso l’ex premier, «per quanto sia invalida questa clausola, non bisogna mai sottrarsi alla democrazia e al confronto».

La clausola del ri-voto? «In odore di incostituzionalità»

Un obbligo al confronto bis argomentato con parole che segnano un dietrofront  comprensibile solo a chi usa le sgrammaticature della politica e le iperboli della comunicazione per poter segnare il passo. «Io ho risposto benissimo, a chi ha sempre fatto della democrazia la virtù del Movimento 5 stelle, dico andiamo a rivotare», esorta Conte intervenendo agli Stati generali della ripartenza, a Bologna.

Conte tra giustificazioni e dogmi grillini

Chiosando in conclusione: «Io nella vita precedente ho fatto il professore di diritto e l’avvocato, ho competenze per dire che quella clausola che consente di rivotare è in odore di incostituzionalità, è un retaggio di un vecchio Statuto. La potevo mettere sul piano del contenzioso legale, ma io non faccio l’avvocato, io faccio il politico. La soluzione non può passare dal contenzioso legale, che ci vedrebbe vincenti. Non bisogna sottrarsi alla democrazia e al confronto», aggiunge Conte. E ritorno al voto sia. E tra attimi di resipiscenza e interrogativi rimasti senza risposta, il leader pentastellato incassa e torna sulla Terra, rimandando a una nuova tornata incubi statutari e sogni di gloria…

«Quando ci viene detto andatevene da un’altra parte rispondo: questa è la casa degli iscritti»

E ancora. «Il risultato del garante ha sorpreso anche me. È la democrazia, dobbiamo prenderne atto. Adesso viene fuori che i suoi seguaci stanno predicando di non votare, ma se eserciti la clausola che ti conferisce il potere che è fuori dal tempo di rivotare, non è una contraddizione? Il tutto perché? Per dimostrare che si è sopraelevati, rispetto a cosa? Non è Conte, è la comunità degli iscritti, non puoi dire a tutti gli iscritti di trovarsi un’altra casa. Non dovevi fare un partito, sei stato rivoluzionario a fare questo processo, ma una volta fatto ti devi render conto che non hai costituito una fondazione familiare, ma un movimento politico che non appartiene a me, o a lui, o a un terzo: ma agli iscritti», conclude Conte. E la chiosa è l’apoteosi delle supercazzole assurte a dogma post-grillino.

 

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