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Sanità, cure più umane: nasce la Carta di Udine

«Progettare la sanità del futuro fondandola sulla centralità della persona per rispondere in maniera efficace, efficiente e appropriata alle esigenze dei pazienti e dei professionisti della salute».

Parte da qui, da questa linea tracciata dal professor Massimo Robiony, la missione della piattaforma disegnata dalla Carta di Udine per l’umanizzazione delle cure, documento fondativo di un progetto di respiro nazionale che ha coinvolto (e coinvolgerà) università, istituti di ricerca, istituzioni.

Un percorso che parte proprio dal capoluogo friulano, che ieri ha ospitato la prima tappa degli Stati generali itineranti per l’umanizzazione delle cure, organizzati dall’Università di Udine con la Regione, l’Azienda sanitaria Friuli centrale e il Comune.

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Tra gli interventi anche quelli (in videoconferenza) del ministro Orazio Schillaci, del presidente della Regione Massimiliano Fedriga e di diversi rettori delle università italiane.

Il percorso

Gli Stati generali sono il frutto di un cammino iniziato quasi dieci anni fa. Il progetto, ideato dal professor Massimo Robiony, è stato prima applicato nella Clinica di chirurgia maxillo-facciale e poi nel Dipartimento testa-collo e neuroscienze dell’Asufc, diretti dallo stesso Robiony, che oggi è componente del Tavolo tecnico ministeriale per l’umanizzazione delle cure e il benessere organizzativo.

Nel 2023 si è concretizzato nell’offerta formativa dell’Università di Udine con il master in Salute e umanizzazione delle cure nell’organizzazione e gestione del servizio sanitario nazionale.

Gli obiettivi

L’obiettivo è definire un modello capace di coniugare la prospettiva clinico-assistenziale e quella organizzativo-gestionale. Come? Per sintetizzare la costruzione del modello, gli estensori hanno immaginato il sistema della salute come un tempio, dove le fondamenta sono rappresentate dalla centralità dell’essere umano e del diritto alla salute sancito dalla Costituzione.

I pilastri sono la formazione, la ricerca, i percorsi clinico-assistenziali e quelli di valutazione.

L’architrave e il timpano sono costituiti dagli obiettivi: il miglioramento della qualità della vita, della qualità delle cure, del benessere individuale e organizzativo.

Ma come si concretizza tutto questo? Con percorsi che vedono il malato coinvolto anche nel post-cura, con il coinvolgimento dei medici di base, ma anche con percorsi di team building all’interno delle equipe mediche, come sperimentato a Udine.

Le relazioni

Dopo i saluti istituzionali, la mattinata al Salone del Parlamento del castello è stata animata dalle relazioni, a partire da quella di Sandra Gallina, direttrice della Direzione generale della salute della Commissione europea, che ha sottolineato le «sfide di sostenibilità legate all’inverno demografico che l’Italia sta vivendo».

Secondo Gallina, «il sistema si sta rendendo conto che l’approccio che vede le discipline inquadrate in silos non può funzionare a lungo, ma serve un coordinamento olistico. Il malato ha una storia complessa, non è una malattia: siamo sulla giusta via se capiamo le sue esigenze».

L’assessore regionale alla Salute, Riccardo Riccardi, dal canto suo, ha evidenziato come «in generale, abbiamo l’abitudine di parlare troppo di ospedali, non focalizzando l’attenzione sul territorio. Serve il coraggio della politica, che su questi temi non rispetta il dettato costituzionale, se agisce con approcci ideologici».

Alla tavola rotonda che ha concluso la mattinata hanno preso la parola, tra gli altri, il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Rocco Bellantone e Giovanni Migliore, presidente della Società italiana di medicina narrativa.

Dopo le parole dei rettori delle università italiane è salita sul podio anche Rita Charon, docente alla Columbia University e considerata la pionera della medicina narrativa.

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