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Benetton Rugby torna in Champions dopo 5 anni d’assenza

Nel 2019 Marco Bortolami al Benetton Rugby faceva l’assistente di Kieran Crowley e curava la touche. E quella è stata l’ultima stagione in cui Treviso ha partecipato alla Coppa più bella, importante, ma anche più dura, del rugby continentale. Ora la Champions è tornata qui e il coach, oggi titolare, come tutti del resto freme in vista del debutto, sabato al Marcel Michelin di Clermont Ferrand.

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Coach siete reduci dalla sconfitta scozzese, come sono gli animi in vista della Champions?

«Le nostre sensazioni sono buone in riferimento al palcoscenico sul quale esordiremo, la squadra si è guadagnata sul campo il diritto a partecipare alla Champions e già questo non è poco. Ma questo è già alle spalle. Chiaro, la sconfitta in Scozia un po’ mi ha fatto arrabbiare, quando eravamo disperati abbiamo mostrato il meglio, mentre nel primo tempo non avevamo la consapevolezza di riuscire ad eseguire ciò che serviva. Però vi assicuro che il gruppo è sempre onesto e cristallino con se stesso, come dopo il primo tempo col Leinster, in questo senso si sta evolvendo. Anche in Francia dovremo andare con personalità, servirà sapere che la partita sarà molto dura, ma lo sport offre sempre nuove opportunità».

Si può dire che sarà una questione di testa?

«Ho detto al gruppo dei leader, nel quale a buon diritto ora fa parte anche Creevy, di mostrare personalità. A Edimburgo è stata una lezione dolorosa, ma la medicina migliore è giocare».

Come vi state preparando in Ghirada?

«Ci stiamo concentrando, la pressione deriva anche dal cercare una via troppo complicata, se si ha pazienza nelle fasi l’opportunità arriva. Talvolta forziamo le scelte ma abbiamo tre mediani diversi: Albornoz è un istintivo, Umaga cerca sempre l’opzione, Marin è in sviluppo. Ed in squadra esistono tante identità e background differenti, che si evidenziano sotto pressione».

Quali sono le differenze sostanziali tra Champions e Urc?

«In Coppa saranno quattro gare all’ultimo sangue. Credo che il livello sia superiore anche alla World Cup, dove in un girone un paio di squadre sono inferiori, qui sono tutte finali. Sarà una sfida inedita, ora possiamo raccontarla ma non troveremo le risposte. Clermont è tra i campi più ostici in Europa ma il palcoscenico è stimolante e sarà bello esserci, anche se poi le squadre performano come sono le aspettative su di loro. Treviso in 120 gare di Champions ne ha vinte 20, la nostra storia è tutta da scrivere. Importante è che la squadra faccia la sua partita, conscia di ciò che l’aspetta»

I francesi tecnicamente che squadra sono?

«Sono quelli che fanno più punti in casa nel Top 14, e il 50% delle loro mete arrivano da drive nei 22, per cui la disciplina sarà fondamentale. Clermont nel gioco rotto e negli uno contro uno è il migliore al mondo».

Si può dire che puntate all’impresa?

«Vogliamo far crescere il rugby italiano? Sono queste le partite da giocare. Nessuno nasce Leonardo: il gap c'è ma non deve impedire di metterci in gioco quando il gioco si fa duro. Quand'ero a Gloucester dissi: mi piacerebbe giocare in nazionale come l'Inghilterra a Twickenham, con 80 mila spettatori. Nel 2012 ci riuscimmo a Roma, proprio contro gli inglesi. Ed allora la nostra vera vittoria sarà un giorno vedere Monigo pieno di 20 mila tifosi».

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