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Ore contate per il governo francese. Barnier: “Se passa la sfiducia in 18 milioni pagheranno più tasse”. Macron allontana le dimissioni

La speranza sembra flebile ma Michel Barnier ostenta ottimismo. In diretta al Tg delle 20 il premier francese spiega di ritenere “possibile” superare indenne il voto di sfiducia sul suo governo calendarizzato per domani. E fa appello a un “riflesso di responsabilità” dei deputati “al di là delle differenze politiche”, evocando la “situazione abbastanza grave” del Paese e “l’interesse nazionale”. Poi assicura di non essere in una logica “di mercanteggiamento” né “di ricatto” con il Rassemblement National di Marine Le Pen, pronta a votare insieme alla sinistra contro il governo entrato in carica lo scorso 5 settembre dopo le elezioni anticipate che si sono svolte in giugno in seguito alla decisione del presidente Emmanuel Macron di sciogliere l’Assemblea nazionale come reazione al trionfo dell’estrema destra alle Europee.

“Se la mozione di sfiducia passa tutto sarà più difficile e più grave”, ha avvertito l’ex commissario europeo: “Circa 18 milioni di francesi vedranno la loro imposta sul reddito aumentare perché non avremo potuto far passare, con la manovra, l’indicizzazione all’inflazione degli scaglioni. Bisognerà che ogni deputato che voterà la sfiducia vada poi a spiegarsi con i suoi elettori”. Dal canto suo Macron, in visita a Riad, respinge con forza le richieste di dimissioni invocate da alcuni membri dell’opposizione: “Fantapolitica”, le definisce assicurando che non ha mai pensato nemmeno per un secondo di lasciare l’Eliseo prima della fine del mandato nel 2027. “Non ha senso, dire queste cose non è all’altezza. Sono stato eletto due volte dal popolo francese”. L’intenzione è quella di restare “fino all’ultimo secondo” al suo posto per “essere utile al Paese”. Poi dice di “non poter credere” che il Rassemblement national vada a votare la mozione di sfiducia del Nuovo Fronte Popolare che “nelle motivazioni insulta i suoi elettori. Sarebbe un voto di un cinismo insostenibile”. Poi lanciato un appello a “non spaventare la gente” evocando il rischio di crisi finanziaria: “La Francia è un Paese ricco, solido”, ha sottolineato.

Lunedì Barnier ha utilizzato l’art. 49.3 della Costituzione che consente di forzare il passaggio della legge di bilancio in Parlamento ma che espone il governo ad un voto di sfiducia. Le Pen aveva sottoposto al premier una serie di richieste di modifica alla manovra. Barnier si era detto disponibile ad accoglierne alcune (ha accettato di non aumentare le tasse sull’elettricità, non tagliare i rimborsi per i medicinali e di ridurre l’assistenza medica per i migranti) ma non la piena indicizzazione delle pensioni.

La tormentata fase politica del paese sta avendo ripercussioni sui mercati con gli investitori che guardano con preoccupazione alla situazione dei conti pubblici francesi. La manovra è stata impostata per riportare il deficit dal 6 al 5% del Pil, valore comunque ampiamente superiore ai limiti fissati dall’Ue. I rendimenti dei titoli di Stato francese sono da qualche giorno in linea, quando non leggermente superiori, con quelli della Grecia e ben al di sopra di quelli spagnoli. Il differenziale con i tassi dei bund tedeschi (spread) è ai massimi dal 2012. Soffrono anche i gruppi finanziari francesi come Axa, Société Générale, Bnp e Credit Agricole, che possiedono molti dei bond francesi.

Lunedì il ministro delle Finanze Antoine Armand ha affermato che ci sarebbero conseguenze dolorose per l’economia se il governo dovesse cadere nei prossimi giorni. Affidarsi alla legislazione di emergenza escluderebbe la prevista revisione degli scaglioni dell’imposta sul reddito, che dovrebbero essere indicizzati su un’inflazione al 2%.

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