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Romania, annullate le presidenziali: «Ingerenze russe, si riparte da zero»

Un colpo di scena dietro l’altro, in un Paese già coi nervi a fior di pelle, ora completamente instradato su una china che potrebbe sfociare in una rovinosa destabilizzazione. È la Romania, dove c’è ancora sconcerto per l'exploit al primo turno delle elezioni presidenziali, lo scorso 24 novembre, dello sconosciuto candidato di ultradestra e filorusso Calin Georgescu: un trionfo che ha allarmato il Paese e l’Occidente e portato in piazza migliaia di persone preoccupate. Georgescu era in corsa per sfidare la liberale di centrodestra Elena Lasconi, al secondo turno in agenda domani, con Georgescu dato per favorito dai sondaggi. Ma il ballottaggio non ci sarà, causa influenze maligne esterne sul voto già al primo round. Lo ha stabilito all’unanimità ieri, a sorpresa e con una decisione senza precedenti e senza possibilità di appello, la Corte costituzionale di Bucarest, che ha annunciato di avere «annullato l’intero processo elettorale per l’elezione del presidente della Romania, co da assicurare la correttezza e la legalità» dell’elezione del capo dello Stato.

La pronuncia della Consulta

In una stringata nota la Consulta ha specificato - senza dare ulteriori dettagli - che il processo elettorale per le presidenziali riparte da capo «nella sua interezza»: la data del nuovo primo turno andrà stabilita dal governo. La Consulta si era già mossa dopo la vittoria di Georgescu, ordinando il riconteggio di tutti i voti del primo turno. Ma il caso sembrava chiuso: l’Alta Corte aveva infine definito, rigettando ricorsi e obiezioni, la validità del primo turno delle presidenziali. Ieri invece la decisione, del tutto inaspettata, che con alta probabilità sarà giustificata dalla desecretazione di documenti riservati presentati al Consiglio Supremo di Difesa, presieduto dal presidente della Romania (pro-Ue) Klaus Iohannis.

L’exploit dello sconosciuto Georgescu

Il Consiglio era stato convocato a caldo, dopo la vittoria di Georgescu, proprio per cercare di analizzare il suo exploit e capire come un candidato sconosciuto ai più, forte solo di un corposo seguito di follower su TikTok, avesse potuto sbaragliare la concorrenza di candidati ben più accreditati. Le risultanze devono aver fatto alzare le antenne ai giudici costituzionali romeni. I documenti inducevano a puntare l’indice contro una «campagna promozionale aggressiva» pro-Georgescu fatta sulla piattaforma, «in violazione della legislazione elettorale», sottolineando un «abuso dell’algoritmo per aumentare la popolarità» del candidato filorusso, pro-Putin, contrario agli aiuti a Kiev e scettico verso Ue e Nato.

Mobilitati gli influencer

Malgrado le smentite di TikTok, le autorità di Bucarest avrebbero poi fatto luce su una «mobilizzazione» di influencer, molti in passato implicati in attività social «di promozione di messaggi filorussi, anti-Nato e contro l’Ucraina». Ci sono poi i quasi 90mila cyberattacchi identificati da Bucarest a cavallo del voto presidenziale, modus operandi che ha fatto sospettare il coinvolgimento di «uno Stato» straniero nella vittoria di Georgescu, offuscata pure dall’opacità sul sostegno finanziario alla sua campagna elettorale. Il burattinaio? «La Romania è stata oggetto di azioni aggressive ibride russe, attività di hackeraggio e sabotaggio», si legge nei documenti non più secretati.

Democrazia ferita

Si riparte da zero, in una Romania dove la democrazia appare ferita. E dove un partitino nazionalista, il Drept, ha alzato il tiro chiedendo la cancellazione anche delle elezioni parlamentari. È stato compiuto «un colpo di Stato», ha commentato Georgescu; Iohannis ha assicurato che rimarrà in carica sino alla fine del caos. E la vice presidente della Commissione Ue Henna Virkkunen su X al mattino esprimeva preoccupazione «per i crescenti indizi di un'operazione coordinata di influenza online straniera» sulle elezioni rumene: la Commissione «ha preso provvedimenti» nei confronti di TikTok.—

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