Antonio Ricci: «La politica? Preferisco l’Orto rampante»
Non si è rotto le scatole? Fa televisione da tutta una vita, non è l’ora di metterci un punto e voltare pagina?
«L’ho già detto in mille interviste e lo ripeto: bisogna morire in cantiere, come direbbe l’amico archistar Renzo Piano, molto brillante e instancabile, anche se più vecchio di me». Antonio Ricci si pulisce il pizzetto bianco, sporcato da rimasugli di tortino al cioccolato, dolce che entrambi - intervistato e intervistatore - abbiamo scelto da un ricco vassoio di tentazioni, posto tra le statuine del presepe laico e irriverente, dal tono fumettistico-pop, in bella vista sulla plancia di comando del signore e padrone di Striscia la Notizia. Una trasmissione di giornalismo satirico, dunque vero e urticante, ospitato da Mediaset fin dal 1988, prima su Italia 1 poi su Canale 5. Quando andò in onda la prima puntata, al governo c’era Ciriaco De Mita, Tangentopoli doveva ancora scoppiare, Berlusconi sarebbe sceso in campo sei anni più tardi, al cinema trionfava Fantozzi va in pensione, il Premio Strega venne vinto dal grande Gesualdo Bufalino, alla Casa Bianca c’era George Bush e al Cremlino Gorbaciov. Un altro mondo. Ma Ricci, pur giovane, era già da qualche anno un numero uno della televisione, con programmi quali Fantastico (sabato sera di Raiuno) e Drive In (su Italia 1, con apparizioni, nel caravanserraglio, di un giovanissimo Piersilvio Berlusconi, adeguatamente pettinato e biondizzato). Ricci guarda sconsolato l’intervistatore. Come a dire: siamo ancora qui a parlare di Drive In? Sapete tutti come è andata, è stata una pietra miliare della tv, eravamo bravi.
Però, caro Ricci, era un mondo davvero diverso. Lei diventò autore principe di Fantastico che non aveva ancora trent’anni.
Il caso ha avuto il suo peso. Ma non ero lì, sbavante per entrare nello spettacolo. Facevo il preside in un istituto agrario parificato di Genova. Andavo a scuola con una Simca 1000 targata Savona. Gli ispettori si meravigliavano, a loro pareva eroico che uno si spostasse dal Ponente per guidare fino a Genova. Avessero saputo...
Saputo cosa?
Che due mattine su tre arrivavo addirittura da Milano, dal Derby, dove facevo il cabarettista. Uscivo tardi, con i compagni di ventura Giorgio Faletti e Francesco Salvi. Andavamo a mangiare in un posto terrificante, frequentato dai Turatello del tempo. Dopo salivo sulla Simca e accompagnavo Faletti a casa, ad Asti. Poi puntavo su Genova, dormivo due ore in macchina, vista Ponte Morandi. Arrivato a scuola, mi lavavo la faccia nei cessi dell’istituto ed eccomi nell’ufficio di preside.
Si chiama gavetta.
La vera gavetta fu preparare i testi per Beppe Grillo. Glieli faceva il giornalista Luca Goldoni, ma Beppe indicò me, anche quando venne scelto per Fantastico. Già allora si capiva che il ragazzo ruggiva, avrebbe fatto strada.
Vi sentite con Grillo? Conte lo ha messo alla porta.
Mi ha scritto poco fa. Questo: «Adesso non ti parlo ancora perché è un momento delicato, ma ti voglio tanto bene». E ha firmato Celentano. Gli ho risposto a male parole, e ho firmato Teocoli. Siamo come Adriano e Teo, amici con tante incomprensioni. Ma che Conte, democristiano fino al midollo, non fosse di fiducia, Grillo lo ha sempre saputo, pur avendogli aperto le porte.
Che ne pensa di Giorgia Meloni ed Elly Schlein, due protagoniste della scena politica attuale? Qualcuno, irrispettoso, potrebbe definirle «veline» di uno spettacolo ricco di sorprese...
Lasci perdere le veline, c’è ancora chi me le rinfaccia tirando in ballo femminismo e dignità della donna. Vuol dire non capire nulla. Vuol dire non cogliere l’ironia, l’assenza totale di volgarità. Dal gruppo delle veline sono uscite star di prima grandezza, per esempio Elisabetta Canalis, e ne dimentico.
Eravamo su Meloni e Schlein.
Meloni investe il 60-70 per cento dell’energia per fare ordine dopo i casini che le combinano i suoi. Ma non capisco l’aria del complotto. Se sei presidente del consiglio gli avversari te ne fanno più che possono, importante è non farsi male da soli, o con l’aiuto di cognati e parenti vari.
E la Schlein?
La parodia che ne facciamo mi diverte da matti. Un circo Barnum, con l’armocromista, i seguaci al guinzaglio, la copia della pompeiana Maria Rosaria Boccia - nella realtà ormai sparita - che tira per la giacchetta i politici. C’è anche l’immaginario figlio di Sangiuliano, un bambino pelato con la ferita in testa. Uno spasso. La vita è talmente grama che se non tenti di ribaltarla con una beffa la giornata non è completa.
Ce n’è pure per il generale Vannacci.
Come no! Ballantini lo ha trasformato in un vanesio che al momento giusto tira fuori il boa di struzzo.
Il divertimento di prendere la politica a sberle non ha mai fine?
Facciamo servizio pubblico. E purtroppo non prendiamo un euro di canone, va tutto alla Rai, che forse ha Report, programma di cui si può discutere, ma che quella missione rispetta. C’è Bruno Vespa, bravissimo a collocarsi nel cuscinetto tra talk politico e intrattenimento. Ma dire che il Vespone faccia servizio pubblico...
Anche Urbano Cairo si lamenta: dice che La7 fa servizio pubblico e non becca un centesimo di canone.
Ha ragione.
Tra i suoi bersagli ci sono Fabio Fazio e Claudio Baglioni.
Di Fazio, ligure come me, non sopporto il suo fare pretesco, per il resto ha fatto un capolavoro traslocando dalla Rai alla Nove. Un trapianto riuscito. Dovrebbe ringraziarmi, gli ho restituito un Nino Frassica gioviale. Ha fatto le prime settimane di Striscia, con Michelle Hunziker. Nino è eccezionale, mi fa ridere solo a guardarlo, ma talvolta lo prende un tono di cupezza. Da me lo ha perso.
E Baglioni? Siete ai ferri corti.
Abbiamo denunciato che per le sue canzoni pinza a man bassa da poeti e altri. Gli abbiamo consegnato un «Tapiro» mentre riceveva un premio intitolato a Pierangelo Bertoli, con lancio risorgimentale di volantini. Ma guai a toccarlo: l’establishment, anche giornalistico, non tollera che si faccia, forse teme ritorsioni. Anche Sanremo, del resto, è considerato sacro. Avevamo rivelato in anticipo, qualche edizione fa, i nomi dei vincitori: tutto è finito in nulla. Come la denuncia delle scarpe indossate da John Travolta, pubblicità occulta. Sanremo è intoccabile, metafora di tutti i poteri italiani, come un tempo era la famiglia Agnelli.
Il prossimo giro è nelle mani di Carlo Conti.
Al di là dell’abbronzatura del conduttore, ci sarà da divertirsi.
Divertimento è la parola-guida di Ricci?
Sì, è ora c’e il divertimento 2, chiamato «Orto rampante».
Sento odore di Liguria, di Villa della Pergola ad Alassio...
Perspicace. Sì, il divertimento 2 è lì. Salvata dalla speculazione edilizia la Villa e il suo parco, ci stiamo occupando della vicina villa che apparteneva al pittore Carlo Levi: lì venne arrestato e mandato al confino durante il regime fascista. In quella villa prima ci abitava lo scrittore Charlie M. Doughty, che partì per i deserti con un revolver in tasca. Li descrisse prima di Lawrence d’Arabia, il quale infatti fece la prefazione al libro.
Diventerà un'estensione della Pergola, che è relais di alta classe con ristorante stellato?
Diventerà fulcro dell’«Orto rampante», residenza che Renzo Piano trasformerà, con serre didattiche e unità abitative. Un luogo che celebra l’incontro tra cultura e natura, con le pubblicazioni dei genitori di Italo Calvino, celebri botanici, riferimenti agli scritti dello stesso Italo, a poeti come Camillo Sbarbaro, che diede nome ad alcuni licheni, e ai lavori del giardiniere-filosofo Libereso Guglielmi. Ci saranno omaggi a Carlo Levi, con scritti e dipinti.
Lei, che spesso scherza sulla mafia ligure della cultura e spettacolo, con i mafiosi - quelli veri - condivide il senso di centralità della famiglia.
Senza mia moglie Silvia Arnaud, che tanto si è battuta per il recupero della villa ad Alassio, non sarei ciò che sono. E ho tre figlie splendide. Francesca, che ha fatto la scuola di moda Marangoni, è restaurant manager alla Pergola. Alessandra, bocconiana, si occupa del parco e giardino. Vittoria lavora con me a Milano.
Lei detesta la vita mondana?
Non la faccio. A meno che per vita mondana non si intenda, che so, partecipare alle cene dei cavalieri del Tartufo - lo sono anch’io - a Grinzane Cavour o dire belinate con gli amici di sempre in Liguria.
Regno del suo divertimento 2.
Mi piacerebbe anche un divertimento 3, non morire. Chiederò a Elon Musk di ibernarmi.