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Truccavano i numeri degli ungulati abbattuti: confermata la rimozione dei vertici della Riserva di caccia di Paluzza

Nulla da fare per l’ex consiglio direttivo della Riserva di caccia di Paluzza. Dopo il Tar, anche il Consiglio di Stato ha confermato il decreto della Regione Friuli Venezia Giulia con il quale, nel settembre 2022, erano stati decisi il commissariamento e la sospensione dell’attività venatoria.

A causare l’intervento della Direzione centrale risorse agroalimentari, forestali e ittiche erano state delle irregolarità riscontrate nel registro degli abbattimenti di fauna ungulata per le annate 2018-2019, 2019-2020 e 2020-2021. Anomalie sollevate dal personale del Noava del Corpo forestale regionale.

Martedì 10 dicembre è arrivata la sentenza della sesta sezione del Consiglio di Stato con la quale è stato rigettato il ricorso proposto da Guglielmo Salon, già direttore della Riserva, e da altri quattro tra soci e componenti dell’ex direttivo (difesi dagli avvocati Luca De Pauli e Luca Mazzeo) che chiedevano l’annullamento del decreto.

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In particolare, a essere contestata, era stata la scelta di annotare nel novero degli ungulati abbattuti (tra caprioli, camosci e cervi) anche il dato relativo ai capi che, invece, erano stati semplicemente rinvenuti morti. Un’anomalia ripetuta per più annualità e di conseguenza non considerabile come un semplice errore di distrazione. Anche perché era proprio sulla base di questi numeri che la Regione stabiliva l’assegnazione per le annate venatorie successive.

Un sistema che aveva portato al conteggio di cinque ungulati in più nell’annata venatoria 2018-2019, di diciotto nell’annata successiva, di undici in quella 2020-2021.

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Come riportato nella sentenza del Consiglio di Stato, «per l’esatta e complessa rappresentazione della realtà i due dati dovevano essere tenuti distinti in due diverse tabelle, l’una dedicata ai capi abbattuti in attività venatoria, l’altra destinata a dar conto dei capi rinvenuti morti».

Nel ricorso Salon e gli altri appellanti hanno avanzato quattro motivi di censura, alcuni considerati infondati altri errati dai magistrati della Corte (Sergio De Felice, Giordano Lamberti, Stefano Toschei, Davide Ponte).

Nella sentenza, inoltre, i giudici hanno sottolineato come la Regione Fvg, nel suo provvedimento, «si è limitata a sospendere temporaneamente l’attività venatoria presso la Riserva e affidare la gestione sostitutiva della stessa a un commissario».

Il decreto, inoltre, prevede che il commissario, tutt’ora in carica, ha il compito di attivare le procedure per le elezioni dei nuovi organi statutari della Riserva, cessando dalla carica una volta portato a termine tale iter.

Ora che è arrivata la sentenza del Consiglio di Stato è plausibile possa essere chiuso tale percorso, ridando un presidente scelto dai soci alla Riserva di caccia di Paluzza.

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