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La gang che pestava i gay, sconvolti parenti e amici: «Questi arresti come un lutto»

Tahar El Melani e l’amico Mohamed Fathali abitano a Fossò. Scossi i familiari dei ragazzi, sia dei maggiorenni che dei minorenni finiti sotto inchiesta; hanno fatto capire che l’arresto del figlio per loro è stato una sorta di lutto. Il fratello di uno dei ragazzi coinvolti ha detto che potrebbe essere stata una bravata estemporanea, niente di organizzato.

La famiglia di El Melani non ha mai creato problemi in paese ed è completamente sconosciuta ai servizi sociali e alle forze dell’ordine. E anche i ragazzi fino ad ora non sembravano aver avuto alcun problema. Da circa 3 mesi Mohamed Fathali si era trasferito a Fossò da Vigonovo dove prima abitava in via Risorgimento. In paese i due ragazzi avevano le loro compagnie di amici.

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Il parroco

Ad analizzare l’accaduto monsignor Dino Pistolato che è stato per anni in prima linea nell’affrontare il disagio sociale nella terraferma veneziana e ora è parroco a Gambarare di Mira.

«Questi ragazzi si creano una identità formando un gruppo contro qualcuno. Si tratta di fenomeni che non possono più essere ascritti alle periferie urbane dei grossi centri come ad esempio Mestre o Marghera. Si tratta di fenomeni trasversali che si affrontano intercettando i bisogni e le istanze che esprimono questi ragazzi e creando servizi e modelli di realtà sociali che offrano momenti di aggregazione sana e condivisa. Ora queste bande si formano non per creare qualcosa ma per scagliarsi contro qualcuno. Questi ragazzi che vivono Italia da tanti anni, sono persone che scimmiottano comportamenti aggressivi fra di loro per darsi una identità. Certo va detto, non sono cose fatte a caso. Questi ragazzi si trovano e poi individuano un bersaglio solitamente nelle categorie minoritarie e fragili. Perché sono più semplici da aggredire. Certo in questo caso ci si trova di fronte a giovani di origine straniera ma sono fenomeni trasversali. Tante baby gang con cui si è avuto a che fare sono fatte di minori e italiani».

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C’è poi il tema dei centri delle periferie dei servizi in cui questi ragazzi si trovano a vivere. «Il teatro della loro azione era comunque un luogo legato ad una città come in questo caso Padova – sottolinea monsignor Dino Pistolato , «I fenomeni di marginalità non si sviluppano più solo in periferie affollate di città ma anche in paesi apparentemente tranquilli, di campagna come Fossò o Vigonovo.

Comunità sconvolta

Questi paesi sono noti per essere dei centri produttivi importanti per la presenza di aziende del comparto calzaturiero che tanti lavoratori stranieri attirano. In questi centri nel corso degli ultimi anni si sono create delle aree delle vie in cui vivono raggruppate diverse famiglie di immigrati. Un contesto da tenere presente.

«Questi ragazzi a volte si uniscono per fare gruppo quando tutto intorno non trovano punti di riferimento validi. Individuano degli obbiettivi da colpire per dimostrare di esistere. La ricerca di una sorta di cittadinanza distorta insomma. Un fenomeno da monitorare con estrema attenzione che sottolinea il momento di estremo disagio fra i giovani», conclude monsignor Pistolato.

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