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Crisi delle coop sociali, le liquidazioni lasciano 200 lavoratori fragili senza impiego

Chiuse quattro cooperative sociali, un’altra in liquidazione, duecento lavoratori tra cui molte persone fragili senza lavoro: è l’allarme che viene lanciato dal Gruppo l’Incontro, società cooperativa consortile, nota realtà della Castellana.

Il motivo? Le aziende preferiscono andare a rifornirsi all’estero per gli assemblaggi industriali piuttosto che relazionarsi con queste realtà che offrono a disabili e a persone con difficoltà l’opportunità di lavorare. Un tassello fondamentale sul fronte dell’inclusione e dell’acquisizione di autonomia. E di conseguenza un sostegno fondamentale anche per le loro famiglie.

Il crollo negli ultimi anni

Nel giro di pochi anni hanno chiuso Arreda, che si occupava di arredi urbani in legno, Aurora, Accordi, Solidaria, che si occupavano di assemblaggi industriali a Castelfranco e Vedelago.

In liquidazione invece è L’Incontro Agricoltura, che aveva messo insieme due realtà di questo settore, ovvero Ca’ Corniani e Campoverde, quest’ultima attualmente gestita direttamente da l’Incontro Cooperativa Sociale.

«Il problema più grave», sostiene il presidente del gruppo, Matteo Stefanato «è che il mondo dell’assemblaggio industriale oggi nel territorio rappresentato da L’Incontro Industria 4.0, adatto alle persone svantaggiate, si sta sgretolando. Sono due i motivi: il primo è una produzione sempre più automatizzata con costi sempre più bassi, il secondo è che le lavorazioni vengono portate all’estero. Fortunatamente malgrado tutto ci sono ancora aziende che hanno la capacità e la sensibilità per riconoscere oltre al valore economico il valore della persona e che vogliono investire nel loro territorio. Ma non è sufficiente. È vero che il contratto per i lavoratori delle coop di tipo B è tra i più bassi, ma ormai non ci sono più margini».

Il caso delle Cooperative l’Incontro

Le cooperative di Gruppo L’Incontro, come anche altre, inseriscono sull’articolo 18 della legge 68/1999, che prevede che le persone che appartengono ad alcune categorie speciali possono accedere ai posti di lavoro che le aziende con più di 15 dipendenti sono tenute a riservare. Nel caso siano impossibilitate a farlo, possono ottemperare all’obbligo di legge proprio attraverso le cooperative di tipo B.

«In questo modo riusciamo a far lavorare anche persone che difficilmente potrebbero stare in azienda, perché hanno bisogno di essere affiancate e non possono garantire la stessa produttività di altri lavoratori. Il riferimento è, ad esempio, ai disabili psichici o a quelle persone fragili che si stanno rimettendo in gioco, ma hanno un basso livello di autonomia».

Per loro le possibilità di trovarsi al lavoro sono sempre minori rispetto al passato: «Questo costituiva un indubbio valore sociale per il nostro territorio, non esagero se dico che era un fiore all’occhiello rispetto ad altre aree», prosegue Stefanato, «occorre ora che ci si metta intorno a un tavolo per continuare questa esperienza. Le regole del mercato valgono per tutti, è vero, ma c’è un aspetto, il valore sociale che è altrettanto importante. Dal canto nostro, stiamo già lavorando su questo, con servizi di vario tipo per le aziende e gli sportelli per le persone fragili».

Stefanato chiarisce anche che «gran parte delle duecento persone che non hanno più trovato un impiego per la chiusura delle cooperative sociali che fanno riferimento al nostro Gruppo, sono state già inserite in quelle che continuano l’attività: Eureka che si occupa di lavanderia industriale, Eos, attiva nel settore del verde e L’Incontro Industria 4.0. Ma di tante altre persone non sappiamo che fine abbiano fatto: magari sono in casa, o in giro per i loro paesi: ma di certo non lavorano in ambiti protetti. Ed è su questo che dobbiamo interrogarci».

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