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Dieta e salute mentale: evitare i cibi industriali vuol dire non cadere nella ‘trappola’

Nel 2022 un gruppo di scienziati in un articolo (Nutrition and mental health: A review of current knowledge about the impact of diet on mental health) ha selezionato gli studi dedicati all’influenza dell’alimentazione sulla salute mentale cercandoli sul database Pubmed. Fra quelli con il maggiore valore scientifico e le citazioni ricevute hanno scoperto che i più autorevoli sono oltre un centinaio. Da allora il numero è ulteriormente cresciuto.

Consultandoli è risultato ormai evidente che la cosiddetta dieta mediterranea, che si potrebbe definire un canone medico basato sull’alimentazione tradizionale italiana, fondata su ingredienti come cereali integrali, legumi, verdura, frutta, olio extra vergine di oliva e pesce, combatte le infiammazioni che influiscono sull’umore, come ansia e depressione. Al contrario della cosiddetta dieta occidentale, nella quale predominano cibi ultraprocessati a carattere industriale, un elevato consumo di carne rossa, specie alla griglia, cibi fritti, prodotti a base di latte e latticini ricchi di grassi saturi, dolci, cibi molto grassi e bevande dolcificate e gassate.

Una cattiva alimentazione (che ribadiamo è quella della dieta occidentale, detta anche americana) provoca infiammazione cronica di basso grado, un disturbo che ha a che fare con malattie come diabete e tumori, e in generale velocizza il processo di invecchiamento psicofisico, con debolezza e disturbi del sonno, come sottolineato anche dal dottor Erzegovesi, psichiatra e primario del Centro per il Disturbi Alimentari dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

Evitare i cibi industriali processati vuole dire non cadere nella “trappola” provocata da zuccheri e altre sostanze gratificanti. Questi alimenti infatti muovono le vie dopaminergiche causando l’effetto di “ricompensa”, alla base del fenomeno della dipendenza.

Inoltre il famoso rapporto che esiste fra salute mentale e microbiota intestinale attraverso l’asse che connette intestino a cervello (la carne rossa è il suo peggior nemico, “Effect of Consumption of Animal Products on the Gut Microbiome Composition and Gut Health”) è collegato alla ricchezza di nutrienti che i cibi coltivati perdono a causa dei pesticidi, che impoveriscono la qualità del suolo. Quest’ultimo rilievo è tratto dal dossier “Stop pesticidi nel piatto” di Legambiente, presentato il 3 dicembre 2024, stilato da esperti nell’ambito agroalimentare e accademici, che in generale mostra come i fertilizzanti e i pesticidi usati nell’agricoltura convenzionale abbiano ricadute sulla salute dell’uomo (endocrinologiche, tumorali, neurologiche) attraverso non solo il consumo di frutta, verdura e cereali con residui dei trattamenti, ma soprattutto con la dispersione dei pesticidi nell’ambiente, diventando così sostanze respirabili e ingeribili attraverso le acque contaminate.

La politica deve concedere le stesse opportunità degli agricoltori intensivi anche a chi sceglie la via del biologico, vale a dire ai tanti giovani che stanno decidendo di tornare alla coltivazione utilizzando sistemi più rispettosi della salute, attraverso pari opportunità di accesso a incentivi e facilitazioni. Che vorrebbe dire aumentare le iniziative di impresa agricola, e conseguentemente l’occupazione, e la garanzia al consumatore dell’accesso ad alimenti sani a prezzi competitivi.

Il ministero dell’Agricoltura ha aggiunto al dicastero il termine sovranità alimentare,
giocando sull’ambiguità che può suscitare evocando l’idea di uno nazione forte nel
proteggere la propria italianità contro i competitor internazionali, suggerendo sentimenti
ideologici sovranisti. In realtà per sovranità alimentare si intende il diritto delle comunità a definire le proprie politiche di produzione, distribuzione e consumo di cibo, basandole sulla piccola e media produzione. Rivedendo in maniera corretta la definizione bisognerebbe coerentemente premiare non le grandi realtà intensive, ma le filiere corte che si rivolgono appunto alla comunità del territorio, favorendo un rapporto di consapevolezza del consumatore e di rapporto diretto e solidale con il produttore.

Un discorso ulteriore che va aggiunto è quello delle micro e nanoplastiche, che inquinano pesantemente soprattutto il comparto della pesca, e che attraverso il consumo ittico si propagano nell’organismo umano. Molte ricerche (Exposure to Microplastics during Early Developmental Stage: Review of Current Evidence, per fare un esempio) hanno individuato microplastiche nel latte materno, nella placenta, nei testicoli, nel cuore, nel fegato e nei reni, causando tumori, disordini metabolici, disordini mentali, come l’ADHD, e infertilità. Nel mare mediterraneo sono presenti dalle 1000 alle 3000 tonnellate di materiali plastici galleggianti (Plastics in the Mediterranean, iucn.org); andrebbe affrontato il problema della pulizia dei mari, nella speranza di una prospettiva per una maggiore diffusione delle plastiche interamente biodegradabili.

Infine per gli allevamenti intensivi di carne basta vedere le testimonianze raccolte da alcuni documentari e servizi giornalistici per capire le condizioni igieniche e l’uso di antibiotici che, soprattutto a causa delle deiezioni che rientrano nell’ambiente attraverso suolo e acque (Potential of Biological Processes to Eliminate Antibiotics in Livestock Manure: An Overview), contribuiscono massicciamente a causare nell’uomo quell’antibiotico resistenza che, soprattutto nelle campagne delle amministrazioni pubbliche, viene imputata esclusivamente all’uso scorretto dei medicinali da parte delle persone.

Ma torniamo alla Salute Mentale considerando l’impatto che le sostanze inquinanti hanno anche su cervello e sistema neurologico. Alla luce di quanto scritto, per chi vive una condizione di sofferenza è di primaria importanza rivolgersi a un medico professionista ma è sicuramente consigliabile avere una cura attenta anche della propria alimentazione. La dieta mediterranea, soprattutto se esclusivamente vegetariana, è la scelta più corretta, se possibile privilegiando i prodotti di natura biologica, privi di residui chimici. Anche perché la farmacologia psichiatrica sottopone l’organismo a controindicazioni che in parte proprio una dieta attenta può contribuire a bilanciare. La salute si costruisce con la prevenzione, in tutti i campi, anche quelli agricoli.

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L'articolo Dieta e salute mentale: evitare i cibi industriali vuol dire non cadere nella ‘trappola’ proviene da Il Fatto Quotidiano.

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